IL DISEGNO DI LEGGE CALDEROLI APPROVATO DAL CONSIGLIO DEI MINISTRI SULL’ AUTONOMIA DIFFERENZIATA DELLE REGIONI E’ RITENUTO UNO SPACCA ITALIA. ROMPE IL PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA E DI EQUITA’ IN SALUTE.
Con questo primo articolo analizzo in parte quelle che sono le ricadute sui servizi socio sanitari nel nostro paese e gli squilibri tra le regioni. L’autonomia differenziata regionale è la facoltà di attribuire alle regioni ordinarie di aumentare le proprie competenze normative e gestionali in ambiti oggi disciplinati e amministrati dallo Stato. Le regioni possono aumentare le competenze anche in sanità, oltre a università, istruzione, ricerca ecc. Lo strumento per affrontare la grave crisi di carenza del personale dovrebbe essere estesa a tutte le regioni. Vanno aboliti i tetti di spesa e vanno stipulati contratti di formazione-lavoro che andrebbero a sostituire le attuali borse di studio, al fine di anticipare l’ingresso nel mondo del lavoro di specialisti e medici di medicina generale. Alcune richieste vengono ritenute eversive rispetto al Servizio Sanitario Nazionale nella sua integrità. Una maggiore autonomia in materia di istituzione e gestione di fondi sanitari integrativi, darebbe il via a sistemi assicurativo-mutualistici regionali fortemente sganciati dalla seppur frammentata normativa nazionale. Infatti, la richiesta del Veneto di contrattazione integrativa regionale per i dipendenti del SSN, oltre all’autonomia in materia di gestione del personale e di regolamentazione dell’attività libero-professionale, rischia di scatenare una concorrenza tra regioni con trasferimento di personale dal Sud al Nord, ponendo una pietra tombale sulla contrattazione collettiva nazionale, dividendo il paese. I livelli essenziali di assistenza (LEA). Sono le prestazione e i servizi che il SSN è tenuto ad erogare a tutti i cittadini, gratuitamente(esenti ticket) o dietro pagamento del ticket. Ogni anno il Ministero della Salute valuta l’adempimento delle regioni nella erogazione degli stessi. Da dati si evince un forte impatto sulle diseguaglianze che l’autonomia differenziata produce. Le tre regioni che hanno avanzato la richiesta, Veneto, Lombardia e Emilia Romagna, si posizionano tutte tra le prime quattro. Nel secondo gruppo dei quattro non si posiziona nessuna regione del sud e solo due regioni del centro(Umbria e Marche). La regione Puglia è la prima delle ultime quattro. Infine c’è da segnalare che tutte le regioni del Centro-Sud (eccetto la Basilicata) rimangono in piano di rientro da 12-16 anni, tra cui la Puglia e Calabria e Molise sono ancora commissariate, ma i bilanci rimangono sempre gli stessi. La mobilità sanitaria. I cittadini hanno diritto ad essere assistiti su tutto il territorio nazionale, producendo un fenomeno che viene chiamato mobilità sanitaria interregionale. Essa si distingue in attiva e passiva. La mobilità passiva si registra quando gli utenti si spostano in altre regioni per farsi assistere, provocando una voce di debito di bilancio da parte della regione di provenienza.
Mobilità attiva si registra quando una regione attira utenza, provocando una voce di credito di bilancio. Dall’analisi dei dati emerge che le regioni più attrattive sono quelle del Nord, estremamente limitata quella del Centro-Sud. Tra le prime quattro regioni che hanno la maggiore mobilità attiva (anni 2012-2021) risultano tre regioni che hanno chiesto l’autonomia differenziata, Lombardia (più € 6,18 miliardi), Emilia Romagna ( più € 3,35 miliardi), Toscana (più € 1,34 miliardi), Veneto (più € 1,14 miliardi)-Per mobilità passiva la Puglia risulta la prima tra le ultime cinque ( meno € 1,84 miliardi). Tredici sono le regioni, quasi tutte del Centro-Sud, risultano essere meno attrattive(tra queste anche la Puglia) per i cittadini e hanno accumulato un saldo negativo pari a 14 miliardi di € dal 2012 al 2021. In questo scenario di maggiore autonomia regionale, la sanità con il LEA erogati, come abbiamo visto in maniera differente soprattutto al Sud è la chiara dimostrazione che questa autonomia regionale divide il paese tra regioni più ricche e quelle più povere, creando forti disuguaglianze, che sono il peggior crimine quando si registrano sul diritto alla salute. Il regionalismo differenziato finirà dunque per legittimare normativamente e in maniera irreversibile il divario tra Nord e Sud, violando il principio costituzionale di uguaglianza dei cittadini nel diritto alla tutela della salute. E questo proprio nel momento in cui il nostro Paese ha sottoscritto con l’Europa il PNRR, che ha l’obiettivo trasversale di ridurre le diseguaglianze regionali e territoriali.
Michele Lospalluto