A vendemmia ultimata il mosto, ottenuto dalla macinazione meccanica dell’uva, o come si faceva un tempo dalla pestatura “pistaturә” con i piedi nelle tinozze, rimaneva una settimana a fermentare. C’era anche la tradizione di fare il vino “’ndòlcә” per essere servito come spumante: si prelevava il mosto fiore, prima della fermentazione, e si filtrava con sacchetti di tessuto finissimo, a goccia a goccia. Una parte di mosto si usava anche per produrre il vincotto “u cuettә”, sottoponendolo ad una prolungata bollitura. Il resto del mosto quindi, allo scadere del settimo giorno, veniva sottoposto a separazione della parte liquida da quella solida, operazione di svinacciatura “ startarè”. La parte solida, le vinacce, venivano spremute da un torchio “u cuenzә” presente negli angoli delle cantine più grandi. Per i più piccoli produttori vi era un torchietto “u cuenzariddә” su ruote che girava per il paese. Più tardi si ricorse ai trappeti “u trappitә” che con delle potenti presse procedevano alla spremitura. Il liquido ottenuto si mescolava con quello che naturalmente era uscito nelle fasi precedenti. Dalle vinacce spremute, si estrae ancora dell’alcool, dei distillati, della grappa, o avviate alla composizione di mangimi animali in altri stabilimenti.
L’ARTE DELLA VINIFICAZIONE NELLA NOSTRA TRADIZIONE A STARTARE’ (La svinacciatura)
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