Si parla spesso di educazione, soprattutto oggi in cui in molti si chiedono chi e come si deve “educare”. Oggi un numero elevato di studenti vive la DAD (didattica a distanza) e non frequenta più la scuola e le altre agenzie educative. Già, la scuola è un’agenzia educativa per eccellenza, con la sua organizzazione e il suo compito educativo sempre pubblico, legittimo e innovativo. Analizzando alcuni sondaggi pubblicati da autorevoli giornali, pare sempre più evidente il rischio di abbandono scolastico, soprattutto tra gli adolescenti e i giovani delle scuole superiori. Non vogliamo analizzare questo rischio e il fenomeno che può provocare l’abbandono scolastico (impoverimento culturale, sfruttamento lavorativo ecc.), ma cercare una prospettiva per evitare tale rischio e chi in realtà sono i protagonisti dell’educare. Circa il 46% degli adolescenti, ormai da un anno vive questa nuova esperienza della DAD, ha scoperto l’importanza delle relazioni “reali”, e l’85% avverte quanto sia importante incontrare gli amici e ha nostalgia di relazioni reali. Molti importanti studiosi sostengono che è in aumento la “solitudine” da parte di molti ragazzi. Emerge una certa paura, stanchezza e incertezza sullo stato d’animo di tanti ragazzi, non solo per il presente ma anche per il futuro. Siamo tutti consapevoli che il Covid stia creando una crisi relazionale e mettendo a dura prova le nostre emozioni, i nostri sentimenti, le nostre personalità e per molti ragazzi i propri “sogni”. Qualche secolo fa, il maestro Tucidide, nel descrivere la peste di Atene (430-427 a.C.) scriveva: «La cosa più terribile era lo scoraggiamento che prendeva chi si ammalava, in quanto il timore del contagio ritraeva dal visitarsi scambievolmente e molte famiglie abbandonate languivano». Oggi queste parole sembrano attuali, in molti c’è paura e chiusura. Vorrei soffermarmi per qualche istante sul ruolo che la società, lo Stato, tutti e ciascuno di noi abbiamo in quest’opera educativa e come poter affrontare questo scoraggiamento. Sì, opera educativa! L’educazione è quel processo attraverso il quale vengono trasmessi ai bambini o comunque a persone in via di crescita o suscettibili di modifiche nei comportamenti intellettuali e pratici, gli abiti culturali di un gruppo più o meno ampio della società (definizione dell’enciclopedia Treccani). Tutti noi siamo chiamati a trasmettere non solo il sapere ma anche comportamenti ai più piccoli e non solo. Tra le tante traduzioni del verbo educare (educére) vi è non solo “tirare fuori”, ma anche “condurre”. Si, condurre. Spesso pensiamo che il condurre, il prendere per mano, tocchi solo a persone qualificate, quali per esempio gli insegnanti, i genitori ecc. Mai come ora quelle che sono definite agenzie educative, quali per esempio la scuola, la famiglia, centri educativi, associazioni sportive e culturali, oratori, movimenti religiosi, comunità parrocchiali ecc. sono chiamati non solo ad essere un punto di rifermento per educare i ragazzi, ma ora più che mai queste devono creare alleanze affinché, ognuno per la sua parte accompagnare, condurre per mano le nuove generazioni a superare queste paure e questo scoraggiamento. È paradossale, ma oggi tutti noi, dal più piccolo al più grande ha un ruolo importante per l’educazione dell’altro. Si, è finito il tempo di delegare ad altri l’educazione dei propri figli, ma tutti e ciascuno siamo chiamati a condurre ognuno di noi fuori da questo tunnel, dal più piccolo al più grande! Ormai non possiamo più perdere tempo, dobbiamo sin da subito collaborare, mettere in rete tutte le agenzie educative per dare risposte concrete per superare la paura e le lacune, non solo relazionali ma anche culturali, che si sono create in questo anno di Covid. E allora, consapevoli del ruolo che ognuno di noi ha per l’altro, per la società, rimbocchiamoci le maniche affinché questo processo di recupero sia celere ed efficace. Buon lavoro a tutti.
Michele GENCO