Falò [dal greco phanòs, torcia]: catasta di legna e di rami a cui veniva successivamente dato fuoco. La nostra città, all’indomani della rifondazione da parte dell’Imperatore Federico II di Svevia, era popolata anche da popolazioni di origine greca (vedi la presenza della chiesa di san Nicola e di altre chiesette di rito greco distribuite nella città) che conservava la pratica dei riti religiosi greco-ortodossi, fra cui la fanovә. Tale tradizione si è perpetuata sino ai giorni nostri: i nostri nonni raccontavano che la sera di san Giuseppe e dell’Annunciazione si vedevano dall’abitato i bagliori di innumerevoli falò di rami e legna accesi per tutta la campagna circostante. Questa tradizione è stata continuata nei claustri (gnostrә) dell’abitato la sera del 19 e del 25 marzo, in onore di S. Giuseppe e dell’Annunciazione (San Gәseppә e l’Annunzәjetә). Il falò aveva anche il significato di celebrare l’arrivo della primavera e di invocare una buona annata per la raccolta nei campi. Ad un angolo della pira si sistemavano delle grosse pignatte nelle quali si mettevano a cuocere un miscuglio di legumi (fave, ceci, piselli, lenticchie, cicerchie e patate a pezzetti). A cottura ultimata, ad ogni famiglia si dava “per devozione” un mestolo di legumi in un piatto di creta (u piattә cupә). Alla fine una palata di brace ancora ardente veniva distribuita negli scaldini ai più poveri, “la devozione del fuoco”, perché si scaldassero. L’usanza fu poi abolita per non rovinare la pavimentazione dei claustri e delle nuove strade, mentre sono ancora visibili i segni del fuoco sulle chianche dei claustri. Oggigiorno, comunque, si continuano a fare dei falò solo nella periferia del paese in zone senza asfalto. (vedi foto)
San Gǝseppǝ u vǝcchiariddǝ purtajǝ u fuechǝ jind’o muantiddǝ, u muandiddǝ nan zǝ bruciajǝ, San Gǝseppǝ s’angallǝssciajǝ
San Giuseppe il vecchierello portava il fuoco nel mantello, il mantello non si bruciava, San Giuseppe si riscaldava (era la filastrocca recitata dalle nonne ai bambini seduti attorno al falò).
I paneddә dә San Gәseppә e Sant’Andonnә
Anche se più limitata rispetto al passato, esiste ancora, da parte di qualcuno, la tradizione di preparare degli altarini all’interno delle proprie case il giorno in cui si festeggia San Giuseppe, patrono della città o Sant’ Antonio. Si tratta di una dimostrazione concreta di fede, per molti tratti folkloristica, ma che trova la sua ragione d’essere in una profonda e sincera devozione popolare. I motivi di questa tradizione sono vari: c’è chi lo fa per continuare una tradizione iniziata dai genitori, chi per invocare la protezione del Santo sulla propria famiglia, chi per una grazia ricevuta anni prima, o per chiederne un’altra. Qualcuno confezionava un abitino al proprio bambino a mo’ di saio francescano e lo faceva indossare al proprio bambino per il quale si impetrava protezione, per tutto il periodo di preghiera che precedeva il giorno del Santo. Vicino all’altarino, addobbato con fiori, ceri, candelieri, si mettono anche i paneddә, le panelle, forme arrotondate di pane di grano tenero, benedette la mattina presto dal sacerdote nella casa della devota che allestisce l’altare, che vengono distribuite a quanti ‘vanno a far visita’ al Santo quel giorno.