Più che di parità di genere parlerei di rispetto, punto!
La parola giusta dalla quale partire dovrebbe essere rispetto.
Rispetto della persona, delle sue capacità, particolarità, diversità, intelligenza.
Rispetto e basta!
Quel sentimento che pone la donna né un passo avanti, né uno indietro rispetto all’uomo ma l’uno di fianco all’altro.
Quel sentimento che non divide ma tende a valorizzare la personalità dell’essere umano in quanto tale.
Quel sentimento che conduce a conoscere la verità della persona senza distinzione di sesso, razza, colore.
Il rispetto che si declina anche nel rispetto di genere e che ha insito in sé il significato stesso di parità.
In questi ultimi mesi è emersa una amara verità che ha portato in auge un retaggio culturale che si pensava superato e inerente il forte divario tra uomo e donna che conduce a differenziare ruoli e competenze in base al sesso e che, ahimè, ha permesso talvolta scelte aprioristiche e non determinate dalla competenza e conoscenza.
Sotto alcuni aspetti e in determinati contesti vige un maschilismo pregnante forzatamente celato e giustificato da “slogan” diretti proprio a confondere, distogliendo l’attenzione dal vero punto di riflessione.
E’ emerso con evidenza che “di fatto” esistono contesti facili per gli uomini, ove al genere femminile tocca una lotta impari per emergere.
Problema culturale artatamente banalizzato da quanti anziché entrare nel vivo della questione provano ad assimilarlo a “pretese di quote rosa” o “mere richieste di riconoscimenti fatti dalle donne”.
Si banalizza appositamente per nascondere la voragine sociale e culturale che invece si aprirebbe anche alla luce di quanto emerso dalla pandemia: una disoccupazione femminile elevata, un maschilismo prevalente nel mondo politico e una diseguaglianza di genere ancora attuale.
Pensare, invece, che il problema è un altro e non si risolve con l’uso di “formalismi femminili nelle professioni”.
Il problema si supera avendo il coraggio di aprire una riflessione seria che vada a fondo e che veda una società pronta ad analizzare la realtà e risolvere errori che, al contrario, ci porterebbero indietro anni luce.
Si rivoluziona se si inizia ad avere il coraggio di guardare il merito, gli occhi e la competenza.
Si rivoluziona se venissero cancellati nella cultura contesti assolutamente maschili e se le scelte non fossero aprioristiche ma compiute con competenza e coraggio, tenendo in considerazione che talvolta l’essere donna, può costituire un valore aggiunto dettato dalla natura.
Parlo in quanto donna, avvocato, politico.
Ho provato a scardinare ingranaggi con coraggio e determinazione chiedendo attenzione e rispetto, anzi talvolta pretendendolo.
Non mi sento valorizzata se mi chiamano “avvocata”, ma se mi rispettano come avvocato.
Non mi sento valorizzata se mi riconoscono un ruolo politico ma se riconoscono il valore della persona in quel ruolo politico
Non vorrei essere guardata con occhi “rosa” o “con priorità assolute” in quanto donna ma riconosciuta in quanto persona per bene, onesta, competente.
Questo dovrebbe chiedere il mondo delle donne “Rispetto in quanto tale”.
Marica Longo