Nella nostra città, come in molte altre, si sente parlare pochissimo di politiche giovanili. Su questo tema ha fallito la precedente giunta, nonostante le promesse e qualche impegno, ma anche tutte le precedenti. Anche durante le elezioni scorse il tema giovani è stato molto scarso. Spesso si parla di politiche culturali giovanili, ma il termine “cultura”, da anni viene abusato e usato per tutte le salse.
Oggi al centro dell’attenzione sta la povertà educativa, che è una delle cause del disagio giovanile e che in Puglia ha dati più bassi rispetto ad alcune Regioni del Sud, ma alti rispetto al resto del Nord. I dati sulla dispersione scolastica, abbandono precoce degli studi, sono molto allarmanti, perché elevati. Si parla del 31,8%, rispetto alla media italiana del 20,8%, facendola balzare al terzo posto tra le Regioni d’Italia. La questione giovanile nella nostra città va affrontata dalla politica e dai politici con grande impegno, superando le appartenenze e investendo a partire dalle nuove generazioni. Sono stati segnalati in questi giorni degli scontri tra gruppi di giovani. Alcuni abitanti del centro storico e anche alcuni turisti che albergano, si sono lamentati dell’eccessivo chiasso e dei rumori provocati da gruppi di giovani nelle ore notturne che ne impediscono il meritato riposo. A proposito di questi comportamenti di grande disturbo della quiete pubblica, spesso coinvolgono molti minorenni, leggo sui social commenti e proposte discutibili e inappropriate. Certo nella nostra città, come in quelle viciniore, c’è un’emergenza che riguarda l’ordine pubblico, ma riguarda la delinquenza, la criminalità organizzata dedita dagli anni ‘80 al traffico e allo spaccio della droga, fenomeno inarrestabile nei territori murgiani, che non hai mai avuto flessioni, neanche durante la pandemia. Il nostro territorio murgiano per la sua vastità e per le sue caratteristiche si presta e si è prestato tantissimo a questa attività criminogena, lo dimostrano gli arresti di questi giorni, per traffico internazionale, che hanno coinvolto trafficanti di Altamura, Gravina e Matera e altre città collegati con gruppi mafiosi della città di Bari. Questo territorio da sempre è stato zona di traffico e anche di spaccio, basterebbe prestare più attenzione nel centro storico e vedere come si spaccia con grande facilità in quasi tutte le ore, per le forze in campo è certamente difficile tenere sotto controllo questo fenomeno.
La necessità di rimpinguare il numero delle forze dell’ordine è indispensabile per il maggior controllo di questo territorio, l’impegno di qualche settimana fa del Prefetto fatta al Sindaco Petronella di far arrivare alcune unità dei Carabinieri, ci auguriamo venga mantenuta. Il ricorso, come propone qualcuno, all’esercito, in questo momento mi sembra eccessivo, tenendo conto che lo stesso non ha compiti di ordine pubblico e può solo essere di supporto alle forze dell’ordine. Altro problema è il disagio giovanile, anche se ha alcuni elementi di collegamento, quando i tossicodipendenti per garantirsi la dose, diventano spacciatori. Ma quest’ultimo fenomeno si può, anche se con grandi difficoltà tenere sotto controllo. Per più di 30 anni mi sono occupato di disagio giovanile e in particolare della tossicodipendenza. Erano tempi difficili, in città un certo perbenismo, fatto di bigottismo e buonismo, per anni ha negato il fenomeno della tossicodipendenza e di tutti i suoi collegamenti, l’associazione AVAT che era stata fondata da me e una decina di giovani, ha vissuto tante difficoltà e contrasti con queste realtà e con le istituzioni. Ho visto tanti giovani morire, per overdose e AIDS. Oggi il fenomeno è cambiato radicalmente, è cambiato l’approccio con la sostanza e soprattutto il modo di usare gli stupefacenti. Ma il disagio giovanile, la disgregazione dei giovani, la solitudine, l’insoddisfazione non è molto cambiata. Se qualcuno oggi si prendesse la briga di leggere l’indagine sulla condizione giovanile realizzata dell’AVAT nel 1989 e pubblicata nel 1990, si renderebbe conto che molte cose non sono cambiate. Che fare? Ritengo indispensabile e proficuo che si faccia un patto sociale, con dei protocolli, tra le varie istituzioni. Questo patto deve avere come centralità la scuola, non solo come luogo fisico con i suoi spazi aperti alle realtà periferiche e non della città, per il suo ruolo formativo, aggregativo e socializzante, rieducativo, nel senso di abbassare quei dati negativi, riferiti all’educazione povera e all’abbandono scolastico. Bisogna mettere a confronto, i genitori, i docenti e la scuola, la chiesa con i suoi spazi e risorse umane, le associazioni e i servizi sociosanitari dal Consultorio, al Servizio Tossicodipendenti il quale non si apre al confronto sui problemi giovanili con la città, sembra viva un mondo a parte. Certo è un momento difficile, c’è una grande sfiducia nelle istituzioni da parte dei giovani e nella nostra città c’è un associazionismo che ancora non crede nella Consulta e quindi nel rapporto con il governo della città, infatti delle 400 censite, hanno partecipando al bando solo 100. Questo patto deve coinvolgerle direttamente con progetti da realizzare e deve sensibilizzare la partecipazione di docenti in pensione che possono dare un grande contributo alla crescita delle giovani generazioni.
Michele Lospalluto