Qualche giorno fa è stato arrestato in flagranza l’oncologo Vito Lorusso primario dell’oncologico Irccs di Bari. Secondo l’accusa il medico avrebbe chiesto soldi ai pazienti a cui somministrava terapie per la cura del cancro e per questo è stato denunciato. Questo è il secondo caso di arresto di un medico che lavora presso l’Istituto Tumori Giovanni Paolo II di Bari, negli ultimi due anni. L’oncologo Giuseppe Rizzi nel giugno 2021 fu condannato a nove anni di reclusione per aver truffato diversi pazienti senza speranze, promettendo “cure miracolose” con farmaci, diceva ai pazienti, non prescrivibili dal SSN. Nella motivazione della sentenza la sua personalità è stata definita “priva del sentimento di umana pietà, oltre che di totale e sprezzante indifferenza rispetto alle particolari condizioni soggettive di sofferenza delle vittime, le quali riponevano cieca fiducia nel confronto del medico”. Nel processo fu coinvolta anche la compagna del medico, condannata a 5 anni e 6 mesi, in quanto adibiva all’occorrenza il suo centro per assistenza fiscale a ambulatorio medico. Questi due casi(il primo presunto in attesa di giudizio) ma ce ne diversi, dimostrano che è il nostro sistema sanitario che crea l’humus, il substrato per la corruzione. La responsabilità sta nella coesistenza nei servizi pubblici, dell’attività istituzionale e di quella privata a pagamento, intramoenia ed extramoenia. La lunga lista di attesa per visite ed esami, da diversi anni, è una costante e spesso il paziente si sente dire da alcuni medici, “puoi venire al mio studio anche domani”.
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Questi comportamenti, oltre ad essere deprecabili, inaccettabili, dal punto di vista deontologico, segnano, come più volte ho scritto, la peggiore e la più violenta disuguaglianza. Infatti chi ha i soldi, può permettersi di farsi visitare in privato, chi non li ha, attende una data, se è fortunato, altrimenti rinuncia e gli viene negato il diritto costituzionale del diritto alla salute. Secondo i dati ISTAT sono sempre più in aumento i cittadini che rinunciano alle visite, nello scorso anno quasi tre milioni, hanno rinunciato alle cure. Certo le responsabilità sono dei governi regionali e nazionale, ma dov’è finito il giuramento deontologico moderno dei medici? Tra gli altri impegni prevede: “di perseguire la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica, il trattamento del dolore e il sollievo della sofferenza nel rispetto della dignità e della libertà della persona………….
promuovendo l’eliminazione di ogni forma di diseguaglianza nella tutela della salute”. Come si difende la vita, la difesa della salute e l’eliminazione delle diseguaglianze, se milioni di pazienti a fronte delle lunghissime liste di attesa o alle agende chiuse si sente negare la prestazione medica o può accedervi se ha i soldi per pagarla? Certo le norme autorizzano l’attività a pagamento e per i direttori(ex primari) la possibilità di non accettare un rapporto di lavoro esclusivo, ovvero solo con le strutture pubbliche. Voglio ricordare che la regionalizzazione e l’aziendalizzazione del sistema sanitario (realizzate negli ultimi 30 anni stravolgendo il principio di universalità) hanno poi introdotto un insensato principio di formale concorrenza tra Aziende sanitarie e tra le stesse e il professionista, come se il diritto alla salute fosse un bene di consumo.
Michele Lospalluto