La vita avventurosa di Carlo Maria Cardano è sorprendente come un romanzo giallo perché si affida alla sorte o alla Provvidenza. La sua scomparsa nel novembre del 1925 a Colombo in Ceylon, oggi Sri Lanka, a 84 anni e 4 mesi, essendo nato ad Altamura il 1841, è stata documentata da foto e scritti in suo onore. Ma dalla età di 19 anni la sua esistenza è stata travagliata da prigionie e sofferenze causate dalla storia politica del regno di Napoli. Negli anni precedenti ha trascorso una vita tranquilla con i genitori Filippo e Angela Tarulli, contadini di poca terra alla “Ravisced”. Essi accompagnarono il figlio, a 12 anni, al seminario istituito nel 1851 dal vescovo mons. Giandomenico Falconi (1848-1862), Prelato di Altamura, che aveva restaurato il convento, abbandonato dai Domenicani per la legge del re di Napoli Gioacchino Murat. Nel 1853 il ragazzo Cardano vestì l’abito talare e per sette anni visse da seminarista fin quando viene chiamato al servizio militare. Il re di Napoli, Francesco II, aveva bisogno di soldati per difendere il regno da Garibaldi, che partendo dalla Sicilia stava per conquistare il territorio napoletano nel settembre 1860. L’esercito borbonico fu sconfitto e tra i 300 prigionieri vi era il caporale Carlo Cardano. Il carcere di Nocera era poco sorvegliato e, tagliandosi le catene, scappò procurandosi un abito borghese. Il 7 dicembre giunse ad Altamura e dopo undici mesi abbracciò i suoi genitori. Col permesso del vescovo rivestì la talare. Il nuovo governo dei Savoia costituì l’Unità d’Italia il 17 marzo 1861 e obbligò tutti i giovani alla leva militare. Molti meridionali si diedero alla macchia formando il brigantaggio ritenendo i Piemontesi stranieri e dominatori. Anche il seminarista Cardano divenne disertore, ma per motivi religiosi: avviarsi al sacerdozio. Nel frattempo si rifugiò il 20 giugno 1861 in una cisterna, che conteneva una grotta invisibile coperta da una boscaglia nel terreno della “Graviscella”, ( Basile Vincenzo, La Prelatura “Nullius”, pag. 142, ed. Grafica & Stampa Altamura giugno 2021: La zona agricola si trova a 6 Km. da Altamura e altrettanto da Gravina). Due amici avvisarono Carlo di essere ricercato. Fu braccato per qualche anno dalle forze di Pubblica Sicurezza, comandate anche dal sindaco D. Candido Turco, che oppresse i suoi genitori con minacce e mise in carcere la madre per indurla a rivelare il nascondiglio. Essi resistettero alla paura e alle sofferenze negando ogni conoscenza fin quando furono lasciati in pace. La notte del 29 giugno 1861 un drappello di 50 individui armati circondarono la campagna, ma non trovarono la caverna. Per otto giorni non uscì, ma la mancanza di aria lo costrinse di notte a respirare fuori del rifugio. I due amici riuscivano a provvedere alle sue necessità. La preghiera e la lettura sacra erano la sua forza. Il sindaco convinse il barbiere Macella Filippo, esperto di quella zona, ad accompagnare i gendarmi ai primi di agosto 1861. Il nascondiglio fu scoperto, ma non c’era nessuno. Il Cardano era uscito di notte verso la capanna dei pastori e fece a tempo a nascondersi sotto un gran cumulo di paglia. Il Macella salì sulla sommità delle grosse balle e con la baionetta del fucile dava colpi sul fondo, i quali arrivavano vicino, ma non riuscivano a colpirlo. La sua fede si espresse così: “La gran Madre del Signore mi protesse e allontanò con la sua mano pietosa il pericolo che durò più di due ore”. Convinti ormai che non vi fosse il disertore, ritornarono al paese. Trascorse gli altri mesi dell’anno nella caverna. Era angosciato per la sua famiglia sempre sorvegliata. Allora escogitò uno stratagemma: scrisse una lettera ai genitori affidandola al suo amico, che doveva spedirla da Napoli. I suoi famigliari l’avrebbero mostrata alle autorità pubbliche. L’idea geniale ebbe successo anche perché seguirono altre lettere con lo stesso metodo. Alla fine del 1863 terminò la persecuzione contro Carlo e la sua famiglia. Tre lunghi anni di angosce e tribolazioni, la solitudine e il timore di essere scoperto, causarono forte febbre e malore quasi mortale per alcuni giorni. Riuscì a superarli con le medicine procurate dal suo amico, considerato “Angelo Custode”. Dopo nove giorni si sentì meglio e decise di uscire da quella situazione. Il 3 settembre 1864 si travestì da pastore, appoggiato ad un bastone si avviò alle tre di notte verso il paese e giunse a via Matera alla casa dell’amico, che gli consigliò di attendere per riprendersi in salute. Attese l’8 gennaio 1865 per avviarsi definitivamente verso Toritto con una vettura di fortuna per giungere a Bari e poi a Foggia e infine ad Avellino. Per due mesi fu ospitato da un altro amico sotto il falso nome di Vincenzo Lentini. La Provvidenza è sempre presente nella sua vita di seminarista. In quella casa incontrò un sacerdote, il canonico don Francesco Conserva, oriundo di Sannicandro di Bari, il quale, dopo aver ascoltato la sua storia, volle ospitarlo nella sua casa di Napoli. Iniziava una nuova vita quando don Francesco gli diede la possibilità di riprendere gli studi di Filosofia in preparazione a quelli di teologia.
Un’altra prova doveva superare a 24 anni a marzo, tre giorni prima della solennità di San Giuseppe, quando una febbre improvvisa e così forte lo colse tanto che i medici, chiamati da don Francesco, non trovarono la causa per curarlo adeguatamente. Egli chiese al canonico i sacramenti pensando ormai di morire e affidandosi al Signore. In quel momento la febbre cominciò a diminuire. Il 25 marzo volle uscire vestito con la talare per partecipare alla messa in una chiesa nascosta, la Cappella della “Madonna della Purità”. Il 25 luglio 1865 decise di partire per Roma con un falso passaporto sotto il nome di Filippo Casini, vestito da chierico. In incognito viene accettato a seguire gli studi nel seminario di Montefiascone dal 1867 – ’68 e in quello romano l’anno successivo. In quel periodo si preparava il Concilio Vaticano I, che iniziò l’8 dicembre 1869. Parteciparono anche i vescovi e Vicari Apostolici delle Missioni estere, ospitati nella Casa dei Canonici di San Pietro. Egli si presentò a loro tra i quali vi era mons. Hilario Sillani, O.S.B., monaco benedettino del ramo dei Silvestrini, Vicario di Colombo, che a sentire l’avventura del Cardano, riferì ai colleghi di volere portare con sé questo giovane di 29 anni. Carlo Maria Cardano viene accettato come benedettino del Terzo Ordine senza un regolare “curriculum” del Noviziato. Parte per le missioni il 2 febbraio 1871 da Ancona verso Ceylon. Prima sede è Colombo, la capitale con 600 mila singalesi. Poi è trasferito a Kandy, una città importante con il 70/% di buddisti, dove l’altamurano trova il suo primo rifugio nel seminario arcivescovile per completare gli studi e imparare la lingua singalese, comprendere la cultura e il modo di vivere di quella terra. Dopo i sacri Ordini minori ad agosto e a dicembre il suddiaconato nel 1871, riceve il diaconato il 10 marzo e il 17 l’ordinazione sacerdotale nel 1872 nella Cattedrale di Santa Lucia a Colombo da mons. Hilarion. La sua missione comincia a 30 anni con l’ideale missionario raggiunto dopo tante traversie del suo cammino da Altamura all’Asia meridionale. La sua opera in 17 posti diversi è riconosciuta dal popolo singalese di ogni fede: cattolici, protestanti, buddisti, mussulmani, indù, che si rivolgevano a lui per consigli e altri aiuti, anche materiali, come la richiesta di far venire dall’Italia semi di cotone per i coltivatori. Tutti portavano i loro bambini per avere la benedizione riconoscendo la sua santità. In quel paese vigeva la libertà di fede, rispetto e tolleranza, perciò regnava la pace sociale e religiosa. Alla sua morte fu seppellito vicino alla chiesa della Purificazione di Nostra Signora a Nayaka Kanda, fatta costruire da lui. In 53 anni di vita missionaria si completava il progetto provvidenziale di Dio, che sorprende e sconvolge la ragione umana.
Vincenzo Basile