Dopo la pubblicazione della CNAI (Carta Nazionale Aree Idonee) avvenuta il 13 dicembre scorso, che ha ridotto da 67 a 51 i siti idonei in Italia per allocare il deposito nazionale di scorie radioattive, appare ancora più evidente il disastroso percorso intrapreso della SOGIN S.p.a. incaricata dal Governo per completare il decommissioning degli impianti nucleari italiani e di gestire tutti i rifiuti radioattivi. Il 13 ottobre, invece, si è conclusa, con il rilascio di “9 raccomandazioni, 10 suggerimenti e 1 buona pratica”, la missione ARTEMIS (Servizio di revisione integrata per la gestione, smantellamento e bonifica dei rifiuti radioattivi e del combustibile esaurito), gestita da esperti internazionali, i quali hanno ritenuto “Prioritaria la necessità di accelerare i tempi per l’approvazione del Programma Nazionale 2023, che prevede lo smaltimento geologico, come destinazione finale del combustibile esaurito e dei rifiuti ad alta attività radioattiva. L’invito è a rivedere, ove necessario, il calendario per l’attuazione del Programma Nazionale, confermando che sia effettivamente realizzabile; dovranno altresì essere assicurate le necessarie tempistiche per le valutazioni di sicurezza che la SOGIN dovrà predisporre e l’ISIN verificare ai fini del rilascio dell’autorizzazione alla realizzazione del Deposito nazionale”. Queste, in definitiva le novità che è possibile rilevare, fino ad ora, circa l’iter contradditorio e per nulla trasparente gestito essenzialmente dalla SOGIN. La prima, rilevante contraddizione, riguarda la stessa struttura del sito per lo stoccaggio delle scorie di terza categoria (la cui emivita è calcolata in migliaia di anni). Se fino a qualche mese fa, la SOGIN comunicava ufficialmente di costruire un unico deposito, in sopraelevazione (grande 5 stadi di calcio) in cui allocare, insieme, scorie di prima, seconda e terza categoria, ora, invece si indica la necessità di utilizzo di un deposito geologico e quindi interrato, almeno per le scorie più pericolose. Non si comprende, perciò, come a fronte della sopravvenuta prescrizione dello smaltimento geologico dei rifiuti più pericolosi, si possa continuare a ritenere potenzialmente idonee, aree in origine individuate per l’indifferenziato stoccaggio di superficie, senza che via sia traccia di un approfondimento istruttorio. La seconda contraddizione riguarda la stessa pubblicazione della CNAI, parte finale del procedimento di consultazione pubblica (si fa per dire “pubblica” perché seguita solo da poche visualizzazioni su YouTube!) e voluta entro la fine del 2023 dal Ministero, che ha “intorbidito” ulteriormente le acque di un procedimento già di per sé ambiguo e discutibile. A buttare alle ortiche tutta la procedura intrapresa da Sogin è stata l’approvazione del Decreto-Legge del 9 dicembre 2023 n. 181 che ha aperto la possibilità entro trenta giorni a qualsiasi Comune italiano – anche se NON presente (sic!) nella CNAI – e al Ministero della Difesa, responsabile delle aree e delle strutture militari, di autocandidarsi ad ospitare sul proprio territorio il deposito nazionale e il Parco tecnologico (art. 11). Lo stesso articolo di legge dice che possono altresì presentare la propria autocandidatura anche gli enti territoriali le cui aree sono presenti nella proposta di CNAI. L’apertura legislativa alle “autocandidature” degli enti territoriali e del Ministero della difesa per aree civili o militari, ipoteticamente mai vagliate prima, mostra, se non altro, l’irrilevanza dell’istruttoria fin qui svolta. A questo si aggiunge il fatto che non è dato sapere le ragioni delle esclusioni di alcune aree (16) e la conferma delle altre (51) dalla CNAI…
Deposito nazionale delle scorie nucleari, Governo e SOGIN perseverano nella disastrosa gestione
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