Markus Stockhausen nato a Colonia in Germania è trombettista e compositore di musica jazz, di musica sperimentale e intuitiva. Si formato alla scuole del padre Karlheinz, ricercatore nell’ambito della musica elettronica e d’avanguardia del secolo scorso, anticipando di 50 anni la musica moderna.
Quanto ti pesa essere figlio di Karlheinz? Tu sei stato anche bambino prodigio.
Sono grato a tutto quello che è successo, soprattutto al concerto che ho fatto con mio padre nel 1981 alla Scala di Milano. Si chiamava “Giovedì” da “Luce” (una composizione per ogni giorno della settimana circa 4 ore di musica per ciascun giorno). Nel 1984 ho fatto concerti ovunque in Italia, Roma , Venezia, con la RAI a Venezia. Abbiamo girato non solo l’Italia, ma anche l’Europa. Questa esperienza mi ha insegnato molto dal punto di vista personale, mio padre con la musica, la cultura, con la sua professionalità mi ha fatto crescere. Sono molto grato a questa esperienza. Ho studiato la musica classica e ho fatto diversi concerti per orchestra, tromba, organo, ho fatto tante cose, secondo vengo dalla scuola brandeburghese volevo seguirla, ma mi ha preso la terza via, la musica jazz, perché sono rimasto affascinato da personaggi come Freddie Hubbard, Miles Davis, ma anche da qualche musicista europeo di musica elettronica, che stasera ho messo in pratica con mezzi elettronici più moderni. C’è un ricco mondo di musica che mi ha circondato e nel quale sono cresciuto.
Questa sera c’è stato questo incontro tra musica tradizionale, le radici e la modernità. Come si è tradotta?
C’è stato questo tentativo di portare queste vecchie canzoni nell’oggi e nel futuro, presentate nel linguaggio di oggi. Ho visto che il pubblico ha apprezzato molto.
Hai incontrato e suonato con musicisti iraniani. Hai preso posizioni politiche sul rapporto tra occidente e oriente?
Con Alireza Mortazavi che suona il “santur” (strumento musicale iraniano a corde percosse diffuso in tutto il mondo) abbiamo fatto un bellissimo disco <Hamdelane> che vuol dire “lo stesso cuore”. Ho suonato con musicisti dell’India, Nepal e tanti altri a livello internazionale come Towner, Andersen, Peacock e con il cantante tunisino Dhafer Youssef che suona lo strumento arabo “Oud”, ho anche suonato con il pianista del Friuli Angelo Commisso. Questo grande ciclo forse si sta chiudendo, ma lo ritengo come un bis nella mia vita, ho fatto tutto quello che volevo. Se qualcuno mi invita, come in questa situazione con Fabio e Francesco, sono due grandissimi amici che fanno ricerca con l’elettronica, io sono disponibile, perché questi linguaggi, questi mondi che si creano mi attraggono e con loro andremo avanti.
Queste pietre che cantano, che hanno un’anima come dice lo scultore Maiullari. Qual è la tua idea?
Tutto vive, la pietra, l’albero, tutto ha una certa quantità di coscienza, tutta la materia vibra, l’universo è musica, tutte sono vibrazioni, onde che contengono un messaggio, una certa coscienza. E’ chiaro che una pietra ha una coscienza diversa dalla mia, dalla tua, ma c’è qualcosa, se vai dentro vibra, è vivente. Si può comunicare con le pietre quando diventano strumenti musicali. In Germania ho già collaborato con un’artista che suona lo “Stedman” con delle pietre con l’icona e li faceva suonare come musica elettronica. Per cui non è la prima volta che incontro delle pietre per suonare musica. Nel mondo scopriamo molto materiale che contiene un messaggio.
Qual è il suo progetto futuro?
Ogni anno pubblico un disco. Con Luca Formentini ho inciso un disco che uscirà a breve, con il mio gruppo ad aprile esce un nuovo disco, sono sei solisti, sarà un doppio album che si chiamerà <Celebration>. Ho fatto un ultimo disco con Lino Capra Vaccina(percussionista di musica d’avanguardia) che è uscito lo scorso anno e si chiama < Free spirit>, con la partecipazione di Alireza Mortazavi. Il mio futuro sarà portare un messaggio a tutto il mondo.
Qual è questo messaggio?
Che siamo una famiglia. Bisogna vivere insieme, in pace con tutti, costruire ponti. La musica ha il compito di unire la gente, superare i muri e parlare a tutti, siamo una famiglia di 8 miliardi di persone e il nostro futuro sarà quello di vivere in pace, di sostenersi l’uno con l’altro, di ascoltare, di conservare e portare avanti le culture differenti. Io sono convinto che è possibile se vogliamo. La legge più alta nell’universo, secondo me, è la libertà, se alcuni non vogliono bisognerà aspettare. Ma la si può raggiungere se si discute nelle scuole, nelle università dell’educazione al rispetto del vivere, dando da mangiare a tutti, non distruggendo la natura per motivi economici. Tutto va troppo veloce, tutto viene fatto con elettromagnetismo e frequenze, prima da 4 ora da 5 G e con i satelliti viene fatto tutto a scopo economico senza tener conto dei danni ambientali. Certo i telefonini sono necessari, pratici, ma sono causa di pericolosi inquinamenti e danni alla nostra salute. Bisogna essere prudenti, più lenti, ma più sani. Tutto dipende da noi se vogliamo, questa terra può essere un paradiso, sempre se vogliamo. Questo è il messaggio di pace, libertà e rispetto dell’ambiente che Markus ha voluto lanciare e che noi raccogliamo.
MIchele Lospalluto