La solennità liturgica della Natività di Gesù, è segno di gioia interiore più che esteriore. La situazione bellica tra Russia e Ucraina, vicina a noi, ci rende consapevoli di una pace relativa. La gioia del cristiano è più profonda per la speranza nella misericordia di Dio che ci ama anche nel dolore. La nascita di Gesù a Betlemme ci ricorda anche la sofferenza per gli eventi del suo tempo. Giuseppe e Maria non trovano alloggio in albergo e devono adattarsi in una povera grotta, ma sono pieni di gioia per la nascita del figlio. Anche nell’Annunciazione dell’angelo san Gabriele a Nazaret, la gioia di Maria è unita al timore della possibile reazione del fidanzato Giuseppe al sentire che è incinta. Ella si affida al divino volere dello Spirito Santo con fiducia e speranza. Dio è sempre presente, come ci esorta la nostra fede, ma non elimina subito le contrarietà causate dagli uomini. Quanti seguono gli istinti malvagi di una natura distruttiva? Da dove provengono le guerre, l’odio violento, gli omicidi, l’egoismo per un potere dominante che nega la libertà dei più deboli? La persecuzione dei cristiani è un evento storico fin dalle origini, come narra il Vangelo: “I genitori allora portarono il Bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore. Essi trovarono nel tempio Simeone, un profeta che aspettava la liberazione d’Israele. Egli prese Gesù, di otto giorni, tra le braccia e ringraziò Dio. A Maria e a Giuseppe disse: “Questo Bambino sarà occasione di rovina o di risurrezione; sarà un segno di Dio, ma molti lo rifiuteranno. Alla madre aggiunse: “Il dolore ti colpirà come colpisce una spada,(Lc. 2, 22-35). La sofferenza umana è connaturale alla vita. La sacra famiglia non ne è esente. La persecuzione inizia subito con Erode che vuole uccidere il bambino, salvato dalla fuga in Egitto. Tutta la vita di Gesù è vissuta tra la gioia per i credenti che hanno fede in lui, e le sofferenze per il rifiuto degli altri. Gesù piange un giorno per Gerusalemme che non ha ascoltato il momento della sua visita salvatrice, sebbene avesse fatto tanti segni miracolosi davanti al popolo, ( Lc. 19, 41-44). Così si esprime san Paolo: “So che in me, in quanto uomo peccatore, non abita il bene. In me c’è il desiderio del bene, ma non c’è la capacità di compierlo. Infatti io non compio il bene che voglio, ma faccio il male che non voglio, (Rom. 7, 18-25). Vive nella natura umana la concupiscenza, che il libro della Genesi indica come il peccato originale. Gesù nasce per essere il Messia, il Cristo, l’Emanuele, che è con noi e ci indica il modo per superare il male. La fede in lui è la via che ci salva. Ripete sempre: “La fede ti ha salvato” a coloro che implorano il suo intervento miracoloso procurando gioia e pace. Quando Saulo perseguitava i cristiani, sulla via di Damasco,una luce lo avvolse e una voce gli disse: “Perché mi perseguiti?”. In ogni battezzato nasce Gesù: così Saulo si chiamò Paolo. Senza la fede nel Signore non è possibile accettare la fraternità, invocata da Papa Francesco nell’enciclica “Fratelli tutti”. La fratellanza si costruisce più facilmente dal riconoscersi figli di un unico Dio creatore, Padre di misericordia, che vuole essere amato con libertà. La fraternità umana è quella degli Ebrei, Cristiani e Mussulmani, Israeliani e Palestinesi, che si riconoscono discendenti dall’unico padre Abramo. Hanno radici comuni per costruire la pace col dialogo e il rispetto delle proprie origini. Gesù, ebreo come uomo, è nato per salvare tutti attraverso la croce e il perdono. A lui bambino, servo di amore, rappresentato nel presepe, rivolgiamo la preghiera: “Tu placa le tristi contese, estingui la fiamma dell’ira, ai cuori concedi la pace”.
Vincenzo Basile