Secondo il rapporto Sanità del CREA mancano 30.000 medici e 250.000 infermieri
Durante i mesi drammatici della pandemia e anche dopo, gli operatori della sanità venivano chiamati eroi e la promessa dei politici era stata quella di non tagliare le risorse, di assumere personale, per potenziare le strutture a partire da quelle territoriali. Promesse di marinaio. Ad oggi le carenze di personale nei servizi si fanno sentire, in particolare nelle aree di emergenza, ai pronto soccorso più di tutti gli altri servizi. Lo stress per i carichi di lavoro e per l’aumento delle ore di lavoro, i conflitti con gli utenti, per le attese troppo lunghe(la carenza e le inefficienze dei servizi sul territorio spingono sempre più utenza al pronto soccorso) spingono molti medici e non solo, a dimettersi, per andare a lavorare in altri servizi o ad emigrare all’estero. Secondo l’OCSE database aggiunto nel 2022, nei tre anni 2019-2021 sono all’estero oltre 18.000 infermieri e oltre 21.000 medici, quasi 40.000 laureati. Questo quadro oltre ad aggravare pesantemente la carenza di personale, ha costi elevati e nessun ritorno: la formazione degli infermieri costa allo Stato 4.500 € all’anno, circa 13,500 € sul triennio e circa 22,500 € sul quinquennio. Quello dei medici 41.000 € sui sei anni di laurea, che con i costi della specializzazione sale a 150.000/160.000 pro capite. Questo si tradurrebbe negli ultimi anni (secondo gli ultimi dati del Quotidiano Sanità) in circa 3,5, 3,6 miliardi di € investiti nella formazione di medi ci e infermieri, che diventano ormai patrimonio di altre nazioni. Si chiama decreto bollette, perché si occupa di tariffe per la fornitura dell’energia elettrica, ma contiene grandi novità per gli ospedali (lo si è nascosto dietro un altro oggetto) e il Servizio Sanitario. Il decreto in vigore da qualche settimana, prevede che finito il proprio turno in corsia, gli infermieri, possano lavorare in un’altra struttura, anche privata, come una RSA, una Clinica, o una farmacia. La nuova norma stabilisce in sostanza che anche agli infermieri, come ai medici, non sia più richiesta, l’esclusività professionale. Il provvedimento che andrà riconfermato tra tre anni, ha incontrato il plauso delle associazioni e sindacati di categoria, convinti che la possibilità di esercitare la libera professione, aiuterà a migliorare le condizioni economiche degli interessati e l’assistenza sul territorio. Molti infermieri, supportati da alcune organizzazioni sindacali, in tutti questi anni si sentivano frustati nei confronti dei medici, ai quali è consentita l’attività privata, altrimenti vietata alla loro professione. Ora probabilmente si sentiranno paritari e appagati, scimmiottando la professione medica.
Questo decreto, bisogna sottolineare, che ha sollevato i dubbi, le proteste, di chi ritiene, che invece di dare agli infermieri il permesso di lavorare di più, sarebbe stato meglio e più utile alleggerire i turni e migliorare gli stipendi. Il decreto bollette, come avete visto, lascia in ogni caso irrisolto il problema principale che è la carenza di infermieri e di medici, che secondo il rapporto Sanità del CREA dell’Università di Tor Vergata di Roma, è di 30.000 medici e di 250.000 infermieri. Oltre a quelli, come avete letto dai dati precedenti, che sono emigrati all’estero, ci sono alcune migliaia di professionisti della sanità che ogni mattina attraversano il confine con la Svizzera e dopo una giornata in ospedale, la sera tornano indietro. Lì come in Germania, in Austria, si arriva a guadagnare il doppio, nel Lussemburgo il triplo. In una recente intervista una infermiera di Firenze, assunta precaria nella sua città e successivamente assunta a tempo indeterminato in un ospedale di Bruxelles ha dichiarato che: la professione infermieristica è più valorizzata che in Italia, lo stipendio è doppio, la progressione economica è annuale, i turni notturni e festivi non sono obbligatori, le spese di benzina o di trasporto per arrivare sul posto di lavoro sono a carico dell’ospedale, il quale provvede a tutte le visite specialistiche ogni qualvolta si fa richiesta (in Italia è possibile solo in alcuni casi attraverso il medico competente di lavoro, in altri a pagamento). L’ultimo DEF (documento di economia e finanza) approvato, prevede i soliti tagli lineari, blocco delle assunzioni, sgravi fiscali alla sanità privata, scende dal 7,1% del PIL al 6,2% nel 2025 l’investimento in sanità, mentre la media OCSE è del 12%. La carenza di personale, con le inefficienze, la commercializzazione della salute(la salute è diventata una merce al contrario delle battaglie che si facevano negli anni ‘90), la conferma di affidare, con il DEF, al reddito la funzione di selezionare darwinianamente i bisogni di salute della popolazione, stanno disumanizzando i rapporti con i malati. In sanità il bene pubblico della salute è un valore non negoziabile e va difeso con una grande protesta di cittadini, associazioni e sindacati.
Michele Lospalluto