Questa è l’intervista ad uno degli autori Michele Polignieri laureato in medicina veterinaria e in scienze della maricoltura, ha conseguito anche il master in cultura dell’alimentazione. L’altro autore è Nicola Curci giornalista professionista, scrittore, attivista e studioso di processi di comiunicazione.
Il cibo è segno di origine e di cultura di un popolo? Ovvero un popolo si riconosce anche in ciò che mangia? Assolutamente si. Il cibo narra più di ogni accessorio il nostro vissuto, nel bene e nel male. Con esso, alla luce del catodismo mediatico, si esprimono storie vere, ma anche vere e proprie miserie intellettuali, abuso che i social media hanno, di fatto, amplificato. L’infodemia cosi generata rende necessario rivolgersi a coloro che avranno avuto in mente e desiderato, per una attimo, di realizzare una conoscenza reale sui processi che sottendono alla produzione alimentare, in generale, oltre che alla nostra agricoltura, in particolare, piuttosto che abbandonarsi ad una informazione ridotta a spiccioli di insignificante quanto generica qualità generale. Ma l’aspetto rivoluzionario del cibo è che da ciò che si mangia, di quanto si mangia, di dove si mangia e da come si mangia, ciascuno comunica di sé comprendendo tutto dell’altro ciò che intimamente lo riguarda. “Comunica cioè, senza il bisogno di esibire, qualsiasi documento di identificazione, da quale territorio provenga, a quale classe appartenga, quale culto professi e perfino di quali disagi psicologici patisca..” Tutto è davanti a noi (cit. Ernesto Di Renzo). Pertanto mangiare, oltre che mangiare la Puglia è davvero un’avventura multisensoriale forte; a tavola con noi si siedono tutte le generazioni che ci hanno preceduto, i popoli che ci hanno dominato, quelli che hanno attraversato le nostre terre, che hanno mescolato alle nostre le loro tradizioni alimentari, lasciando segni molteplici di culture e narrazioni che possiamo ammirare nelle architetture come nei dialetti. Il cibo è una epifania, a saperlo possedere conoscitivamente; è l’enciclopedia di ciò che siamo e di ciò che siamo stati: è, insieme, un’antropologia e una sociologia. Ed è un trattato di scienze naturali, dalla geologia dei terreni alla botanica dell’ortofrutta, con un salto in quelle neuroscienze che ci rivelano le verità sorprendenti del cervello tentato dal demone alimentare.
Scrivere l’Almanacco alimentare di Puglia, significa indicare i parametri per nutrirsi con l’obiettivo di salvaguardare la nostra salute?
Ben al di là della nostra esclusiva salute. Si tratta di un lavoro polivalente, orientato a rappresentare la necessità di orientamento del consumatore verso un approccio “olistico” sulle dinamiche tanto produttive che di consumo del cibo, come anche ad una comprensione sistemica dei processi, che consideri l’insieme delle parti che li compongono (interazioni uomo ambiente).
In cima tutto, però, , resta primaria la visione antropologica sul vissuto alimentare individuale e, se l’ostentazione del cibo e del vino, finalizzata alla rivelazione pubblica della propria appartenenza a una classe privilegiata, ci informa su determinati caratteri individuali, inestetica del gusto essenzialmente, la sobria individuazione dei traccianti identitari e sanitari-ambientali della produzione agroalimentare tricolore ci riporta garbatamente a ciò che spirito, storia e cultura debbano imprimere indelebilmente nel prospetto comunicativo dedicato al cibo. Questo volume tratta il rapporto cibo-uomo-salute “one Health”,risalendo alle matrici della conoscenza alimentare, a quel rapporto fisiologico ancestrale che l’essere umano intrattiene con l’oggetto della propria nutrizione, passando per la nutrigenomica(disciplina che si occupa di studiare correlazioni tra alimenti e modifiche del DNA), ed alla epigenetica (termine oggi usato per descrivere tutte quelle modificazioni ereditabili che variano l’espressione genica pur non alterando la sequenza del DNA. Con termini più tecnici, dunque, si definiscono epigenetici quei cambiamenti che influenzano il fenotipo senza alterare il genotipo. Benchè questi cambiamenti vengano spesso tramandati alle diverse generazioni cellulari attraverso la mitosi e in molti casi attraverso la meiosi, non sono permanenti, ma possono essere cancellati o modificati in risposta a diversi stimoli, inclusi i fattori ambientali), concetti strategici abbondantemente trattati nella sezione del libro dedicata agli alimenti di origine animale “Dalla caccia all’allevamento”. Gli alimenti a qualità immacolata di cui ci siamo occupati sono come sopravvissuti che hanno attraversato lunghi secoli, durante i quali la ricetta è uscita dalla sacralità per diventare banale consuetudine e che fondamentalmente ha distorto il valore complessivo del gesto gastronomico, retrocesso cosi al mero appagamento edonistico operato dal cibo. Abbiamo pensato questa opera secondo il nuovo paradigma “one health” (oramai condiviso da tutta la comunità scientifica internazionale) perché nessuna disciplina specialistica può da sola indicare traccianti sicuri per la salute dell’uomo, degli animali e dell’ambiente come invece lo scenario di integrazioni sistemiche tra “saperi”. Il concetto della sostenibilità della produzione agroalimentare, dunque, deve trasferirsi al lettore finalmente come unico elemento di valutazione oggettiva delle azioni umane sul suolo agricolo, sulle acque e sull’aria che noi tutti fruiamo e che gli esseri viventi coabitano per la rispettiva produzione alimentare. E tutti sappiamo che il maggior impatto sull’impronta ecologica del Pianeta è dovuto proprio alla produzione alimentare ed allo spreco.
Parlate di cambiamenti di modelli economici negli ultimi decenni. Si è passati da quello agro-pastorale a quello moderno. Com’è e quali i vantaggi sulla qualità dei prodotti?
I modelli produttivi sono stati suggeriti dal benessere economico e dalla globalizzazione dei mercati. La necessità di mantenere alte le figure sulla dieta mediterranea, per esempio, ci ha impedito di comprendere da quale parte del mondo venisse prodotto il frumento e se in tali nazioni valessero, come per noi mediterranei, i requisiti di sicurezza alimentare e di salubrità delle derrate. La demonizzazione, per esempio, degli alimenti carnei e lattiero caseari, non è sufficiente a farci considerare “friendly” la raccolta di grano raccolto con essiccazione indotta dal glifosato, o arricchiti durante i viaggi transoceanici nelle stive,di micidiali aflatossine che a cascata si ritrovano, poi, in pane, pasta e affini. In tal senso la globalizzazione non ci racconta nulla di tranquillizzante, ma ci sollecita e ricercare le qualità sanitarie e nutrizionali degli alimenti principali della Dieta Mediterranea, prima che di commodities mercantili. E se la Puglia resta la patria incontrastata del frumento, il “granaio d’Italia” in cui le radiazioni solari delle torride estati garantiscono qualità del frumenti ed essiccazione regolamentare ed eccellente al riparo da ospiti indesiderati, dovemmo almeno cercare, come consumatori consapevoli e non come masticatori, una informazione corretta da poter trasferire alla borsa della spesa.
Chiudete con lo slogan “venite a mangiare in Puglia” e fate un elenco di prodotti affidabili. La domanda viene spontanea: sono aziende di qualità accertate o sponsor del libro?
Il capitolo 10 dal titolo “vieni a mangiare in Puglia” ci consente di raccogliere, alla luce delle analisi suggerite nei capitoli del libro e la conoscenza diretta del metodo di lavorazione e di qualità reale, un elenco di produttori che sono stati ritenuti in sintonia con i concetti espressi, e fornire cosi gli indirizzi in guisa di guida agli acquisti. Resta imprescindibile per l’uomo moderno realizzare come le proprie attività generino un effetto domino su tutte le conseguenti implicazioni; non ultima la scelta alimentare che viene a rappresentare la sintesi di tutto il vissuto individuale. Il cibo è una componente essenziale della vita degli esseri senzienti, come si vedrà: non un mero atto nutrizionale, ma un elemento culturale fortemente connotato, orientato alla relazione e alla affettività tra gli esseri viventi. Ne sanno qualcosa i pugliesi che possono onorarsi di aver generato, tra i primi in Italia, numerose manifestazioni di piazza e mercatini. Colori, gioia, empatia e conoscenza sono state le parole chiave del successo agroalimentare della Puglia che ha poi determinato il rifiorire in tutto lo stivale di eventi analoghi e, da questi in poi, la grande affermazione comunicativa in cui l’alimentazione e il benessere sono diventati un binomio essenziale, nuovo paradigma, per le promozioni turistiche, oltre che efficaci indicatori della qualità della vita nelle province italiane. Per tutto ciò, è sembrato irrinunciabile corredare questo volume con gli indirizzi per la borsa della spesa; non se ne potava fare a meno dopo aver indicato i prerequisiti che i consumatori dovrebbero intercettare per poter accedere a un consumo di acqua, mare e terre, stocks condivisi, in modo sostenibile. Un modo semplice ed efficace che consente agli autori di rendere fruibile i contenuti del testo e la riverberazione nella vita quotidiana. Il pratico utilizzo del QR CODE consentirà al lettore di accedere alle informazioni essenziali per raggiungere in tempo reale quei produttori individuati, suddivisi in gruppi corrispondenti ai vari capitoli(uliveto Puglia, vigneto Puglia, granaio Puglia etc,,) per poter beneficiare di una vetrina sempre aggiornata (in rapporto a nuovi ingressi o esclusioni), si da non far diventare la guida rapidamente obsoleta. Per rispondere alla Sua domanda, nessuna sponsorizzazione è stata cercata; avrebbe inficiato l’attendibilità non solo della mini guida, ma di tutto il faticoso lavoro racchiuso nel libro in toto. L’unico sponsor, vada detto, è la casa editrice Progedit ed al suo splendido Direttore, il giornalista-scrittore Gino Dato che ha creduto, sin da subito, sulla originalità di una opera, che di molto differisce dalla pletora di tanti altri volumi a tema “fooding” che asfitticamente litigano per un ruolo di attendibilità, mai confermato dai fatti.
Michele Lospalluto