La collaborazione con don Mykhaylo Melnyk da Kiev prosegue. Sono passati più di 100 giorni dall’inizio della guerra in Ucraina ed avere una testimonianza diretta da quei luoghi tempestati dai bombardamenti da parte dei russi è sempre più difficile. Don Mykhaylo sta coordinando aiuti umanitari a livello diocesano, dove si trova lui ha più di 10.000 persone da sfamare, più di 1.000 ai cui dare un luogo per dormire. Sono partiti senza niente e come mi scrive “ non abbiamo una stampante che produce denaro”. Gli ho inviato quattro domande, è riuscito a rispondere solo a due.
A tre mesi dall’inizio della guerra, che bilancio ti senti di fare sulla resistenza sia fisica che della fede della tua comunità?
Una guerra su vasta scala ha portato via la vita e il senso di sicurezza di molte persone, è diventata una sfida per l’intero paese e per ognuno di noi personalmente. È una prova della forza della volontà e dello spirito, una prova della nostra dignità e fede – nelle Forze Armate, un futuro migliore, nella vittoria, nel nostro prossimo e, naturalmente, in Dio. Chi non conosce alcuna preghiera comincia a pregare sotto il fuoco per avere almeno una speranza. Allo stesso tempo, un altro guarda una foto delle persone uccise a Mariupol e Bucha e chiede: “Dio, come è potuto accadere?”
Rimaniamo un popolo di persone libere e degne, e queste libertà e dignità devono essere coltivate. Anche nelle condizioni delle ostilità, una persona rimane moralmente responsabile, e questo deve essere ricordato. La Chiesa ricorda che l’opposizione al nemico deve essere proporzionale, che gli abusi sui prigionieri non soddisfano gli standard cristiani. La guerra non distrugge solo corpi ed edifici, la guerra ferisce l’anima, ma dobbiamo ancora costruire il futuro. Feriti dalla rabbia, non saremo in grado di assicurarci la vittoria, e la vittoria è qualcosa di più dei territori conquistati. Questa è la società che vogliamo costruire sul nostro territorio.
Gli eventi della guerra, in particolare l’aggressione estremamente sanguinosa dell’occupante russo, hanno dimostrato che per noi è molto importante essere diversi e dimostrare di essere diversi.
Ed è importante per noi cappellani mantenere un uomo in guerra. Quando parliamo di vittoria, di futuro, è possibile solo per una persona che è armata di determinate virtù, credenze, amore per la Patria.
Apparentemente, la sfida umanitaria sta appena iniziando a mostrare le sue dimensioni reali. I tempi peggiori in campo umanitario sono probabilmente davanti a noi.
Considerando la situazione attuale si può ipotizzare un processo di pace?
Questa è una grande questione. Non so se qualcuno ha la risposta. Che cosa possiamo fare? Che cosa dobbiamo ancora fare per avvicinare la pace? È una grande domanda che rimane.
Nicola Corrado Salati