In un tempo di interminabile incertezza che gioca con le nostre ansie e vede il nostro umore altalenante fra dubbi, apatia, panico, titubanze, sono piuttosto rare le occasioni di autentico divertimento, di socializzazione e, quando questo stranamente accade, resta impresso in quello spazio della memoria che ci fa sentire nostalgicamente umani. La decisione di assistere a questo spettacolo dettata da una immensa voglia di evasione ha trovato, nello scorrere i nominativi di alcuni attori e in particolare di Domenico Dibenedetto, lo stimolo dominante per ritrovare quei semi di arte , di professionalità assorbiti abbondantemente ed ereditati dall’indimenticabile attore, regista, scrittore di commedie Franceschino Terranova amato e compianto da una città intera che il 26 febbraio rinnoverà il ricordo nel primo anniversario della sua dipartita. Le aspettative non sono state disattese, anzi nell’armonia di una scenografia curata nei minimi particolari, dalla disinvoltura della recitazione e delle movenze sceniche di tutti i bravissimi attori, ho captato tutto il magnetismo che elargisce il teatro senza distinzioni di genere, la magia di quel silenzio all’aprirsi del sipario e ho ricordato una frase del gigante Gigi Proietti “Benvenuti a teatro, dove tutto è finto ma niente è falso”.
In effetti in scena si buttano giù le maschere quotidiane per indossarne altre e questo arricchisce l’individuo confermando il fascino del teatro che dal mitico mondo greco ad oggi persiste immutato. Quando andiamo a teatro, al cinema, ad un museo, entriamo in contatto con forme d’arte che ci elevano e ci immettono in un mondo lontano dalla realtà, ma pur sempre connesso ad essa. Il teatro deve mantenere fede a quell’antica funzione politica e sociale, luogo di aggregazione e di scambi di pensiero per la promozione umana, lontano dall’essere sterile intrattenimento legato alle logiche di profitto. E questo Domenico Dibenedetto lo sa benissimo avendolo assimilato nell’annosa esperienza artistica con Franceschino, devolvendo il ricavato in beneficenza o usufruendone per acquisto di materiale scenico. La chiacchierata con Dibenedetto ha messo in evidenza l’iter passionale ma soprattutto umano dell’attore che nel 2015 ha deciso di fondare una propria compagnia “Il piccolo mondo” avendo raggiunto l’età pensionabile e quindi avendo più tempo a disposizione, continuando a mettere in atto tutti gli insegnamenti di un maestro come Terranova che, oltre alla benevola approvazione, ha piacevolmente contribuito ad elargire consigli e materiale scenico per la neonata compagnia.
Ci sono relazioni che determinano fortemente il nostro racconto umano e le passioni sono la chiave di lettura del nostro modo di pensare. “Il piccolo mondo” è un gruppo di bellissime persone che fanno della passione teatrale un impegno di vita, la loro autenticità è sempre presente sul palcoscenico e anche quando decidono di coinvolgere persone con problematiche di salute nelle loro rappresentazioni o devolvere il ricavato ad associazioni di volontariato. “U lupe cang u pile ma naun u wizzie” tre atti di bravura, ilarità, dramma e riflessione sulle angherie che i poveri contadini subivano da parte di dispotici padroni. Sull’ingiustizia di un presunto diritto dello “ius primae noctis” alla fine prevale l’intelligenza vestita di furbizia degli umili contadini malcapitati. Auguro di cuore a Domenico Dibenedetto e a tutta la compagnia “Il piccolo mondo” di proseguire con passione in questa arte del teatro e mi congedo regalandovi una frase del maestro Eduardo De Filippo che so essere un modello di riferimento “E’ stata tutta una vita di sacrifici e di gelo! Così si fa il teatro. Così ho fatto. Ma il cuore ha tremato sempre tutte le volte, anche stasera mi batte e continuerà a battere anche quando si sarà fermato”.
Grazia Lorusso