Gli effetti sono evidenti, drammaticamente nudi. La causa, no. Perché non c’è “la” causa, ma una serie di fatti e azioni, non adeguatamente considerati in tempo, che formano una sequenza causale che esita in violenza, in scontro armato, in guerra. In questa, come in un’altra decina di conflitti in corso nel mondo. Dall’esaltazione di spiriti identitari (da parte della Russia, ma non solo) alla tentazione inarrestabile di ridurre a omogeneità, sotto un unico ombrello geopolitico e militare, un quadro variegato e complesso (da parte di Usa e blocco Nato). Dal sostegno a improbabili e imbarazzanti figure e formazioni politiche (come ha fatto l’Occidente per svariati anni in Ucraina) all’incapacità di gestire politicamente e diplomaticamente difficoltà e problemi (da parte della Russia di Putin). Una lunga sequenza di avvenimenti e scelte, che ciascuno furbescamente riteneva vantaggiose per sé, costituisce il retroterra logico e causale della guerra. È quasi sempre avvenuto così nella storia, che sarà “maestra di vita”, come diceva Cicerone, ma da cui evidentemente gli uomini non sono capaci di imparare nulla.
Ora, sgomenti, assistiamo in Europa a queste “operazioni militari speciali” (cinico eufemismo, non molto dissimili, per natura e velatura semantica, da quelle poste in essere ventitré anni fa sempre in Europa, nei Paesi dell’ex Jugoslavia) cui fanno da controcanto le vuote perifrasi dei leader europei e statunitensi.
Tanto Putin e la sua Russia appaiono sovrani, decisi e decisivi, di una specialità che a tanti e diversi ambienti affascina e intriga, quanto le nostre voci, quelle delle democrazie occidentali, suonano deboli, incerte, indecise, inconcludenti. Il sentimento dominante è semplice incredulità e ci affidiamo, in cuor nostro, unicamente alle parole di Putin: siano davvero “operazioni” circoscritte a obiettivi militari e dirette ad acquisire forza nella negoziazione internazionale che speriamo imminente.
Perché la verità è che noi Europei non riusciamo più a concepire la guerra, è fuori dal nostro orizzonte mentale e fisico. Non sappiamo più pensarla, né agirla.
Questo fa la nostra debolezza, con i Putin di turno, ma, credo, è anche la nostra forza. Un’autorevolezza (o consapevolezza) che ci siamo conquistati nella storia dopo secoli di immani tragedie e che dobbiamo difendere.
Enzo Colonna