Riguardo ai servizi igienici non è possibile neanche immaginare l’enorme differenza che esiste tra le buone comodità a cui siamo abituati adesso e quello che era necessario fare fino a non moltissimi anni fa.
Siccome l’acqua corrente in casa era inesistente per la quasi generalità delle famiglie, i servizi igienici erano ridotti davvero all’essenziale; chi aveva spazio riservava uno stanzino per questi servizi, gli altri potevano destinare a tale scopo solo un angolo più o meno nascosto della casa.
In genere per la pulizia della persona si disponeva di uno speciale supporto in ferro battuto, la tolettə oppure u puetə du wacilə, in cima al quale si vedeva un piccolo specchio, u spècchjə; ad altezza di gomito era sistemato un catino in metallo smaltato in cui lavarsi, u uacilə, più sotto c’era un piccolo supporto per il sapone e più sotto ancora una brocca d’acqua in metallo smaltato che conteneva l’acqua pulita, la giarlə, ed un altro recipiente destinato all’acqua sporca; sul fianco del tutto, all’altezza del catino, era appeso l’asciugamano, u muannilə.
Per i bisogni corporali ci si sedeva sulla capesə, un robusto vaso di terracotta smaltata (o in alcuni casi di metallo smaltato), tenuto in un angolo appartato (da qualcuno tenuto coperto da un mobile di legno); mentre per i bisogni più frequenti si usava il più leggero orinale, la rənnelə, un vaso in metallo smaltato, tenuto generalmente nelle vicinanze del letto; a questo vaso si ricorreva anche per i bisogni dei più piccini.
Da tutto questo nasceva la necessità di svuotare giornalmente tali recipienti e di conseguenza di avere un servizio pubblico per la raccolta di questi liquami. Ed ecco il perché di un mestiere molto particolare ed ormai scomparso, u wuttarulə, un dipendente comunale che alle primissime luci del giorno cominciava a girare per le strade della città con un carro, prima trainato da un animale, poi divenuto motorizzato; sul carro era montata una botte, la uottə con l’imboccatura posta, non al centro della botte, ma alla sommità posteriore; u wuttarulə si fermava agli angoli delle strade ed annunciava il suo arrivo con dei colpi di fischietto. A questo segnale le persone del vicinato prendevano i loro recipienti, il secchio, la ramerə, od il vaso, la capesə, e li svuotavano nella botte. Quando era piena, la botte veniva portata fuori dal paese e svuotata in una zona tuttora nota col nome de i carrittə, appunto per i carretti impiegati in questo servizio; altre volte, dietro accordo con alcuni ortolani, la botte era svuotata nei loro campi; in tal caso u wuttarulə riceveva un po’ di verdura come compenso per questo concime naturale. Lasciamo da parte ogni considerazione sull’igiene e sulla salute che ne potevano derivare!
DISEGNO DI Mimmo LATERZA