(Presi dal DIZIONARIO ENCICLOPEDICO DEL DIALETTO DI ALTAMURA di Vito Ciccimarra)
La palmә – Rametto di palma o di ulivo, benedetto nella Domenica delle Palme e scambiato tra persone in segno di pace; per antica tradizione veniva messo anche sulla bara dei bimbi quando, dopo il funerale, venivano portati alla sepoltura.
I Sәbbulcrә – i Sepolcri erano, e lo sono ancora, visitati il Giovedì Santo. Entrando in chiesa si sentiva un odore mistico orientale perché in un angolo dell’altare si poneva, su un braciere, con carboni accesi, un tegamino nel quale si versava l’essenza di mirra (uno dei doni dei Re Magi.) Il Sepolcro era preparato dalle pie donne della chiesa, i “bәzzochә”, le quali avevano curato, durante l’inverno, il grano, la lenticchia in piatti di creta, tenuti all’ombra. Durante la Quaresima il grano e la lenticchia germogliavano e, non avendo assorbito la luce, non assumeva il colore verde vegetale, ma giallo. Era consuetudine visitare ‘i sepolcri’ in numero dispari, non meno di tre.
La scarceddә – scarsella [dal provenzale escarsela, borsa del pellegrino]: tipico dolce pasquale per bambini, fatto in forma di borsetta o bambola per le femminucce, di cavalluccio per i maschietti; era spesso decorato con cioccolato e graniglia colorata “l’anәsinә”, ed al centro aveva in bella vista un uovo sodo, simbolo di rinascita.
Pusìlәchә scampagnata di Pasquetta [dal latino positus illuc, Cristo è deposto lì, dai Vangeli]: gita e pranzo fatto sui prati all’aria aperta. Tempo fa ad Altamura si festeggiava il Martedì dopo Pasqua nella contrada Calvario, dove c’era una grande zona incolta, u puarchә; ora la festa si svolge di Lunedì, come nel resto d’Italia. Nella foto si vede Fonzinә (al centro dell’immagine), tipico personaggio altamurano. Altro luogo era il largo e i prati intorno alla chiesa di Sant’Agostino, dedicata già alla Madonna della Sanità, nella tradizione popolare detta “la Madonnә di frәttetә”, perchè ci si recava con le frittate tipiche dei pranzi pasquali.
U tacculàunә – troccola*: strumento che produceva un suono grave; formato da una larga striscia di legno su cui erano fissate delle maniglie di metallo. L’operatore impugnava la striscia e le dava un veloce movimento rotatorio alternativo, producendo un tipico suono martellante; era usato durante la settimana santa quando non si potevano suonare le campane.
UN CANTO POPOLARE ALTAMURANO
Uno dei tanti canti tipici che si cantavano in preparazione alla Pasqua era il seguente, costruito a mo’ di dialogo fra un Narratore, san Giovanni, Maria e Cristo. (Auori: don Diego Carlucci e il prof.Francesco Fiore)
Lu Vәnәrdìasandә
Narratore Lu vәnәrdìasandә Matra Marìә sә possә lu mandә, nan avajә chә ci scì, sola a sola sә nә partì. Jacchjә Giuwuannә da nandә:
Giovanni Matra Marìә che bbai truwuannә?
Maria Wuochә truwuannә lu mio fijòlә, l’agghjә pәrdutә senza raggiònә.
Giovanni (L’agghjә pәrdute e l’agghje truwuète a la chәlonnә stè fragәllètә.) Vèjә alla chèse dә Pilète, ddè lu trove ‘ngatәnètә (‘ngarciaretә).
Cristo Tuppә tuppә! Chi jè l’orә?
Maria Jì so la povera mamma tuә.
Cristo Mamma mì, nan pozzә japrì, ca li Giudejә m’awuonnә lәjetә, la cronә d’orә m’ònnә luwuetә, la cronә dә spinә m’awuonnә calchetә. Vè alla chèsә dә lu mèstә mì, vè t’à ffè vè nu puerә dә chiòtә; ‘mbicchә vәrossә e manghә suttilә, pә trapannè la carna gәndilә; ‘mbicche suttilә e manghe vәrossә, pә trapannè la carnә e l’ossәrә.
Il Venerdì Santo
Narratore Il Venerdì Santo Madre Maria si pose il manto, non sapeva con chi andare, sola se ne partì. Trova Giovanni davanti:
Giovanni Madre Maria chi vai cercando?
Maria Vado cercando il mio figliolo, l’ho perso senza ragione.
Giovanni (L’ho perduto e l’ho trovato, alla colonna sta flagellato). Vai alla casa di Pilato, lì lo trovi incatenato (carcerato).
Cristo Tuppe tuppe! Chè, è l’ora?
Maria Io sono la povera mamma tua.
Cristo Mamma mia, non posso aprire che i Giudei mi hanno legato. La corona di oro mi hanno levato, la corona di spine mi hanno calcato. Vai alla casa del mastro mio, fatti dare un paio di chiodi; né grossi, e manco sottili per trapassare la carne gentile; né sottili e manco grossi per trapassare la carne e le ossa.
Vito Ciccimarra
Lillino Calia