Che la scuola sia in continua trasformazione è una certezza in quanto non solo vive al suo interno un proprio cambiamento ma segue anche i mutamenti sociali. Siamo passati in pochi anni ad abbandonare le lavagne in ardesia per sostituirle con quelle elettroniche (LIM); dai tradizionali banchi condivisi da due alunni (banco era motivo di condivisione di testi, penne, emozioni, paure, successi ecc.) ai banchi a rotelle dove la condivisione delle stesse emozioni viene vissuta in maniera individuale e isolata. Questo sapere che non passa più attraverso i testi e le parole dei docenti ma dalla rete, dalle video lezioni, dai film, dagli appunti passati tramite app, diventando un sapere condiviso e a cui tutti e ciascuno può contribuire alla conoscenza della verità. Già, si dice che si è passati dalla scuola dell’insegnamento al quella dell’apprendimento. Lo stesso Montagne pare che abbia detto: “ E’meglio una testa ben fatta che una testa ben piena”, per motivare questo repentino cambiamento non solo dell’apprendimento ma anche dei metodi che comunque deve mettere al centro l’alunno e la sua formazione integrale.
Ma pensare di vivere questa trasformazione della scuola così repentina sia nelle regole sia nelle modalità nel giro di poche ore non solo la rende fragile e insicura ma anche ridicola. Abbiamo vissuto una restrizione da parte del governo centrale che chiedeva un 25% di alunni in presenza e un 75% di alunni in didattica a distanza (didattica digitale integrata). Poi a distanza di poche ore alcuni governatori regionali, conoscendo le gravi condizioni sia dei trasporti, sia dei numeri dei contagi ha preferito demandare tali responsabilità colpendo la scuola con una chiusura totale dei diversi gradi e subito dopo riaprire le scuole solo per alcuni alunni, mettendo in luce un fallimento dell’inclusione. Già la scuola che deve vivere al suo interno l’inclusione di tutti e di ciascun a causa del covid vive questo limite. Certo capisco che fare delle scelte giuste in questo momento è complicato, ma colpevolizzare solo gli alunni e chiudere proprio solo e soltanto la scuola lascia qualche perplessità. Ad oggi pare che solo le scuole secondarie di secondo grado faranno la didattica a distanza mentre tutte le altre resteranno aperte, poi in alcune regioni dove le scuole erano già chiuse (Campania e Puglia) resteranno chiuse.
È un continuo braccio di ferro tra regioni, governo e ministero dell’istruzione che dopo aver investito tanto, deve fare i conti con la chiusura di molte scuole di ogni ordine e grado. Il governo che delega alle regioni (capitolo V) la responsabilità delle aperture e delle chiusure delle scuole, sembra ancora una volta demandare ad altri la responsabilità. Abbiamo forse perso un punto chiave: il diritto allo studio. Diritto che è stato forse messo da parte per dare spazio a concorsi straordinari e ordinari, spostamenti di docenti e alunni, cattedre ancora senza docenti, banchi a rotelle, dimenticando che in molte scuole non è ancora disponibile una rete internet adeguata o che molti studenti non possiedono un pc. Forse il problema non è da accollare alle nuove generazioni che non rispettano le regole, distanziamento, mascherine e igienizzazione, ma anche noi adulti che non siamo riusciti a trasmettere l’importanza delle regole e il rispetto delle stesse? È troppo semplice chiudere tutto se poi noi adulti non abbiamo pianificato bene e nel tempo le cose giuste da fare. Pare che il problema non è la scuola ma quello che avviene fuori, dopo le ore scolastiche. Forse eravamo certi che il “modello Italia” che aveva ben fatto nella prima ondata è stato motivo di certezza che avremmo affrontato bene la seconda ondata, invece dai primi dati pare proprio di no. Ci siamo ritrovati di nuovo difronte alle nostre fragilità e alla paura di non farcela, di non riuscire più a gestire i rintracciamenti dei contagi o i pazienti in terapia intensiva.
Non è sola la scuola, ma tutti ed ognuno che di noi è chiamato ad educare ciascuno ad un comportamento corretto per fronteggiare questa pandemia che nella seconda ondata si dimostra più irruente e violenta.
Scuola in cambiamento
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