La morte si veste di rispetto, di dolore spesso soffocato nell’anima ma mai come in questo anno sterminatore di lutti, povertà ,crisi, paure, la morte viene urlata nella solitudine di una stanza di ospedale e nel nascondimento di mura domestiche, diventate testimoni inermi di consumate violenze. Mai come in questo tempo parlare di violenza sulle donne impone ribellione e grido solidale di una umanità femminile uccisa nella sua dignità di persona e questa settimana di riflessione sia pugno feroce verso l’indifferenza , omertà di fronte ad una piaga sociale gravissima che , come donna sento sulla pelle, che non ci si limiti a tingere di rosso i volti, che le iniziative non siano ripetute manifestazioni di stereotipi legati al 25 novembre, che il rosso delle panchine, degli edifici, dei drappi ai balconi ci riportino realmente al rosso di sangue sparso abbondantemente sulla nostra storia di donne, capitolo infinito di ferite verbali e fisiche inflitte da simulatori dell’amore. Il lockdown sarà tristemente ricordato come complice silente di violenza, una prigionia di maltrattamenti quotidiani, fianco a fianco con padri, mariti, fidanzati violenti. Secondo il rapporto 2020 di ACTIONAID sul sistema antiviolenza in Italia, le richieste di aiuto al numero antiviolenza 1522 tra marzo e giugno sono state 15.280 più del doppio che nello stesso periodo del 2019. Le donne chiuse in casa erano ancora più esposte agli abusi degli uomini maltrattanti. Ormai è di comune accezione che il femminicidio è la manifestazione più devastante di una situazione di disparità tra donne e uomini, Antonella Veltri presidente di Donne in rete contro la violenza spiega “le radici stanno nella natura patriarcale che ha dato forma alla società che conosciamo, con norme sociali che sono interiorizzate e che generano atteggiamenti di possesso, controllo ossessivo, di restrizione delle libertà di scelta della donna”. Non sottovalutiamo mai le angoscianti violenze verbali e psicologiche molto spesso incipit di un percorso aberrante che si evolve in scenari di orrore. I tempi lenti della pandemia hanno allungato sia i percorsi giudiziari che quelli di assistenza dei servizi sociali e i centri antiviolenza , per carenza di fondi straordinari, corrono il rischio di arrivare al limite delle proprie capacità di sopravvivenza. La violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani e una conseguenza della discriminazione nei confronti delle donne, nella legge e anche nella pratica, nonché nelle persistenti disuguaglianze tra uomini e donne. E’ la coscienza storica di molti traguardi raggiunti che ci impone una maggiore solidarietà al femminile, nessuna basta a sé stessa, nessuna può salvarsi da sola, a volte uno sguardo più autenticamente amichevole verso le solitudini, i silenzi, le parole stroncate può giungere tempestivo a proteggere una donna, spesso un’amica da una già perpetuata violenza. Donne che grazie all’aiuto di altre donne riescono a diventare più forti, a rileggere la propria vita senza sensi di colpa e a riscrivere nuovi capitoli pregni di speranza. Mercoledì 25 novembre tutti i riflettori comunali, nazionali, internazionali accesi con varie modalità su un tema che rappresenta la vergogna di una società avanzata, civile e democratica, si parlerà di leggi, di tutela , di assistenza , di tutto quello che è necessario ancora fare per arrestare un contagio pandemico da sempre ma per farlo insieme è giusto conoscere e che la luce dei riflettori non diventi fioca tutti gli altri mesi. In questa lotta al crimine prevalga sempre una sintonia di generi, una battaglia contro falsi stereotipi che delinei un nuovo assetto educatico da proporre nelle scuole, un modello di società improntata sul rispetto dei generi. E’ bello in effetti in questa giornata vedere uomini in prima linea dire NO alla violenza sulle donne e mi piace concludere questa riflessione con una testimonianza al maschile quella dell’attore Massimi Ghini “Contro la violenza sulle donne serve un’azione culturale, oggi denunciare gli uomini violenti somiglia un po’ alla battaglia contro la mafia, per ribellarsi al pizzo ci vuole coraggio ed è su questa spinta al coraggio che bisogna lavorare”.
NO ALLA VIOLENZA SULLE DONNE:UN GRIDO CHE SQUARCIA I SILENZI
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