Una storia al limite dell’incredulità quella che si è verificata presso il “Parco dell’ Angelo” ,un parco urbano inclusivo ancora in itinere presso la zona Carpentino, un luogo voluto e progettato in una sintonia di intenti e finalità e dove le parole dono, libertà ,civiltà, responsabilità, inclusione, si intrecciano nell’accezione più nobile dei loro significati. Ma ahimè c’è sempre chi infrange ideali nobili e compie gesti di ignobile degrado civico, rubare nel vero senso del termine un albero con visibilissima dedica ad un defunto.
Mai come in questo periodo estivo di incendi, devastazioni di ogni genere, siccità, il pensiero della salvaguardia della natura diventa preponderante. Aumentano i tavoli di concertazione per ridurre l’inquinamento ambientale e avere un mondo più eco-sostenibile e tra le regole da adottare emerge chiara: pianta un albero. Gli alberi sono i migliori alleati contro il cambiamento climatico per non parlare dell’effetto benefico sulla salute degli esseri umani e non dico niente di nuovo ma ribadirlo non basta mai. Nel mondo un rimedio efficace al disastro climatico è quello di piantare e far crescere miliardi di alberi che, captando l’anidride carbonica e realizzando nuove foreste, possono abbassare gradualmente le temperature. C’è bisogno quindi di piantare alberi, non di sradicare o per meglio dire “rubare”. Qualche giorno fa mi è stato segnalato un episodio a cui non saprei accostare un solo aggettivo negativo in quanto ne comprende tanti e indecorosi ma aggiungerei anche l’immensa tristezza del racconto in sé, una narrazione emblematica del depauperamento di quei valori etici che contraddistingue purtroppo la nostra società. Qualche anno fa la notizia del progetto di un parco inclusivo dedicato ad un ragazzo scomparso prematuramente Matteo De Marinis e le modalità di realizzazione mi provocarono tanto entusiasmo e buone dosi di speranza che mi piacque riversarli in un ampio e puntuale articolo di conoscenza. Ritornare a distanza di tempo su quei luoghi, un fazzoletto di verde nato per amore, che sarebbe cresciuto in nome del dono e della solidarietà, mi ha riportato alla mente note di conclamata inciviltà che ogni volta cozza con una buona azione. La consapevolezza e la conferma che, per quanto lodevole l’iniziativa, incontra difficoltà e rallentamenti in itinere perché sostenuta dal libero contributo di aziende private, associazioni, imprenditori, cittadini generosi che partecipano con donazioni non economiche. Quante volte nella vita gli entusiasmi si ridimensionano, hanno bisogno di tempo per riaccendersi, importante è non spegnerli. Molte le anime generose che hanno contribuito donando qualcosa come sedie, altalene, libri per allestire una biblioteca ma la generosità ha avuto purtroppo la peggio nei confronti di chi, non rispettando un bene pubblico, si appropria deliberatamente e impunemente di ciò che viene donato perché piccoli e grandi ne possano usufruire. Quando il dono poi è pregno di una motivazione personale, quando il già nobile gesto di piantare un albero assume anche il valore di memoria, ricordo verso un congiunto scomparso prematuramente, non ci si rassegna all’ azione turpe di un furto. Eppure vittima di una storia così triste è il sig. Vito Farella, abitante nei pressi del Parco dell’Angelo. Il suo racconto intriso di sconcerto e di emozione resterà sicuramente senza una risposta valida ma aprirà valichi di riflessioni infinite. Il sig. Vito Farella l’anno scorso in seguito alla dolorosa scomparsa del giovane fratello Diego, aveva pensato di piantare un albero a lui dedicato, da innaffiare, curare costantemente quasi a mettere le radici di un legame già di per sè indelebile. L’albero oltre ad avere un suo notevole costo, avrebbe portato una fioritura color glicine di una bellezza incredibile e la vicinanza all’abitazione rientra in una dimensione sentimentale molto personale. Passare un giorno come sempre e non trovare più l’albero sicuramente uno strappo al cuore, al suo posto una buca di uno scempio notturno ha provocato nell’animo del sig. Farella sentimenti di indignazione, sradicare quell’albero è stato come riaprire ferite ,uccidere la memoria che quella pianta emblematicamente rappresentava. Ho deciso di divulgare questo episodio sconcertante non solo per assecondare la volontà di Farella offeso nella dignità ma per denunciare questo orribile degrado civico che ci sovrasta. Tutti sappiamo che l’albero non tornerà nella sua primaria collocazione e che magari dimora in un giardino privato e chissà se ha avuto voglia di attecchire nuovamente visto il suo brusco sradicamento. Ho scritto queste righe con tanta amarezza perché il mio cuore scout non tollera minimamente che si faccia male alla natura e come essere umano non sopporto che si manchi di rispetto al dolore della morte. Non è facile cambiare un percorso errato dei tempi ,non è bello constatare la povertà dell’animo umano ma parlarne significa dimostrare di essere contro corrente e magari lanciare semi di speranza di una nuova umanizzazione.
Grazia Lorusso