«La Politica è la più alta forma di carità». È una frase di Paolo VI, nota e spesso citata.
Senza la carità, però, come direbbe un altro Paolo, l’Apostolo, la politica diverrebbe solo «un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna». E il mondo è già pieno di vuoti bronzi che tintinnano egoismo e che risuonano indifferenza. Per questo come Vescovo della chiesa di Napoli, come figlio di un Sud ancora martoriato e dimenticato, vorrei dire una parola a tutti quei credenti impegnati in politica. E nel dirla a tutti, apertamente, vorrei che giungesse anzitutto al cuore dei fratelli e delle sorelle del Parlamento che in questi giorni stanno lavorando all’iter legislativo dell’“autonomia differenziata”. Mi pongo nel solco di papa Francesco che ci invita a impegnarci tutti, anche quali cristiani, facendo della Politica l’arte del servizio, capace di generare bene e solidarietà, unità e pace e non differenze, ingiustizie e conflitti sociali! E questa parola intendo affermarla senza troppi giri e giochi retorici, consapevole che il vangelo mi impone chiarezza. La parola che grido con forza e di cui mi assumo la responsabilità come cittadino e come pastore della comunità cristiana è: no! No alla legge della cosiddetta Autonomia differenziata, approvata l’altro ieri dal Senato della Repubblica italiana. Lo sottolineo, oggi in cui la memoria sembra svanire, affermare che l’Italia è una “Repubblica democratica” è affermare l’unità del Paese nell’eguaglianza e nella solidarietà, nel rispetto sempre della dignità di ogni persona. “Autonomia differenziata” sembra quasi doversi leggere come unica parola e senza interruzione di fiato, per il drammatico e pericoloso significato che cela, quello di un progetto politico di divisione, di egoismo, di sistematico impoverimento di territori già duramente provati. L’egoismo di ricchi resi spesso tali dall’intelligenza dei meridionali, da quel Sud terra di esodi, svuotato progressivamente delle sue fondamentali ricchezze depredate e coperte da fiumi di inganni e false promesse, ancora ci mortifica. I promotori e i sostenitori di questa legge incollano, con una certa superbia, questa “vittoria” alla realizzazione di articoli costituzionali, dimenticando l’essenza del principio di sussidiarietà che dovrebbe essere il riconoscimento della « necessaria socialità di tutte le persone» chiamate a completarsi e perfezionarsi vicendevolmente in una reciproca solidarietà economica e spirituale. Non volendo strumentalizzare politicamente nessun discorso ribadisco quanta falsità ci sia nelle parole a partire dall’aggettivo “differenziata”, poiché appunto vorrà dire che l’autonomia non sarà uguale per tutte le regioni, che essa, appunto, differenzierà le regioni tra quelle forti, che con l’autonomia diventeranno più forti, dalle regioni deboli, che paradossalmente diventeranno più deboli. Insomma, si realizza, anche nelle istituzioni, quella dinamica apparentemente incontrollabile che legittima l’ingiustizia più grave. Quella che fa i pochi ricchi nel mondo più ricchi e il novanta per cento degli esseri umani più poveri. C’è anche un fatto che rende più grave la decisione del Senato e delle forze politiche che l’hanno determinata. Questa trasformazione nel Paese avviene quando due debolezze si intrecciano pericolosamente, quella della politica e quella del Meridione. Basterebbe solo questo per accendere le menti più attente e i cuori più sensibili a comprendere quanto la politica possa essere ingannevole oltre ogni disponibilità economica. Le leggi non si fanno per il tempo politico di chi le vara. Si fanno per tempi lunghi, quelli che vanno a incontrare la vita dei nostri ragazzi. Aprono il futuro più che gestire il presente. La preoccupazione pertanto è che, nel domani del compiersi pienamente questo malinteso artico…