Approfondimento storico-culturale di un conflitto senza fine
La sera del 27 novembre u.s., l’aula liturgica della chiesa della Trasfigurazione è gremita: l’Ufficio Pastorale Sociale e del Lavoro e il Comitato per la pace di Altamura hanno organizzato un incontro sulla guerra che si sta combattendo, l’ennesima, tra israeliani e palestinesi. La conferenza portava come titolo “ ISRAELE-PALESTINA”; con un sottotitolo molto significativo che voleva essere programmatico e nel contempo sommessa denuncia: “tra spettatori e cercatori della verità”. Intento che ha ben esplicitato e chiarito il nostro Arcivescovo Don Giovanni Ricchiuti introducendo un suo accorato intervento. Non si può essere semplici spettatori di fronte a simili tragedie. Occorre prendere parte al processo, auspicabilmente di pacificazione, partendo dal ricercare la verità non ideologizzata ma che si fonda sulla realtà dei fatti e sostanziata dall’asseveramento delle cause, dalla descrizione puntuale, senza propaganda e senza omissioni, degli scenari, nutrendo, da cristiani e da persone di buon senso, la speranza contro ogni pessimistica previsione. A descrivere la situazione che sta vivendo la popolazione palestinese nella striscia di Gaza e anche nel Cisgiordania ci ha pensato il dott. Michele Giorgio, corrispondente da Gerusalemme per il giornale IL MANIFESTO. In realtà chi seguisse con occhio attento e senza pregiudizi le notizie passate dal nostro sistema di informazione potrebbe farsene una idea molto verosimile. L’apporto specifico dell’intervento del dott. Giorgio è stata la testimonianza diretta e non mediata, personale, che ha potuto fornire stando nei luoghi dove questa tragedia si sta consumando. Ha quindi confermato che la situazione dei civili palestinesi più tragica di così non può essere mancanti cibo, acqua, medicinali, fonti energetiche per tenere funzionanti le strutture ospedaliere, quelle poche che sono rimaste miracolosamente in piedi; e imprigionati nella striscia di Gaza che ha una superficie di appena 365 km2 con una densità demografica la più alta al mondo: più di 2 milioni di abitanti. Peggiorata possibilmente – ha sostenuto il dott. Giorgio, rispondendo a una domanda precisa del nostro Arcivescovo sulle prospettive – da un clima politico ed emotivo che non lascia per nulla sperare in una soluzione pacifica del conflitto secondo la ipotesi più volte auspicata e sostenuta da tante risoluzioni dell’ONU, in verità mai messe in campo: quella di due popoli e due stati. E le ragioni son presto dette: la destra israeliana si è inviperita ancora di più dopo i fatti del 7 ottobre trascinando anche la parte più moderata nel sentimento di vendetta e di odio antipalestinese; di converso, 14 mila morti civili palestinesi, tra cui migliaia di bambini e donne giovani e anziane, gridano vendetta; e paradossalmente impoveriscono ancora di più le parti moderate delle rispettive popolazioni; soprattutto di quella palestinese rappresentata dalla Autorità Nazionale Palestinese, dando corda al potere di Hamas, quello che gli israeliani dicono di voler annientare.
Intervenendo, l’Arcivescovo, dopo aver raccontato lo sconcerto provato allorquando ebbe occasione di visitare la striscia di Gaza, è ritornato sull’intento dell’incontro, che non è certo quello di scegliere pregiudizialmente una parte ma quello di sapere, conoscere e riflettere per darsi ragioni delle scelte politiche che si è chiamati a fare anche sul versante geopolitico. Tanto più che a suo parere, difficilmente smentibile, il mondo della informazione nostrana è talmente uniformata e appiattita su posizioni filoisraeliane che chiedere di piangere, oltre che la morte dei bambini israeliani, quella di migliaia di bambini palestinesi, suona blasfemo e si viene etichettati filo Hamas a prescindere. Rifacendosi poi alla testimonianza del cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca cattolico di Gerusalemme, si mostra alquanto speranzoso sulla possibilità di una soluzione positiva del conflitto e, quantomeno, su quella di un cessate il fuoco di più lunga durata.
Al dott. Francesco Petronella, giornalista altamurano dell’ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) è toccato il compito più difficile, quello di raccontare in pochi minuti la storia complicatissima e le ragioni ataviche di questo conflitto. Per rendere l’intervento didatticamente più accessibile e comprensibile si è affidato a delle mappe geografiche riproducenti i confini via via ridisegnati del territorio palestinese. Settantacinque anni e più dal primo contenzioso scoppiato tra palestinesi arabi e musulmani ed ebrei sionisti c li ha raccontato: David Ben Gurion, leader dell’Organizzazione sionista mondiale, era rientrato in Palestina già all’inizio del 1900, quando la Palestina era sotto il mandato britannico, con la pretesa del reinsediamento sulla terra promessa al popolo ebraico secondo la previsione biblica. Ed altri seguirono il suo esempio, sicché, prima ancora della Shoah, molti ebrei erano già rientrati in Palestina dalla diaspora. Dopo l’eccidio nazista, con una risoluzione ONU venne creato lo stato ebraico a ovest del fiume Giordano e a est quello della Palestina. Con la fine del mandato inglese(1947) e la nascita dello stato di Israele cominciarono i conflitti tra Israeliani e il mondo arabo musulmano. Israele, sostenuto dall’occidente e soprattutto dagli USA, grazie alle potenti lobby ebraiche, armato di tutto punto, vinse tutti i conflitti, sicchè la Lega Araba dovette accettare lo stato di fatto: occupazione di territori che non erano stati inizialmente assegnati a Israele. E così comincia l’esodo in massa di palestinesi arabi. Successivi accordi portarono alla ridefinizione dei confini tra Israele e lo Stato Palestinese governato dall’OLP.
Ma la antica pretesa di riprendersi tutta la Palestina non ha mai abbandonato Israele soprattutto quando a governarlo sono stati esponenti della destra religiosa che hanno sostenuto l’insediamento di coloni ebrei in Cisgiordania. Questa operazione ha finito con l’indebolire la posizione e la leadership dell’Autorità Nazionale Palestinese(ANP), da lunga pezza convertitasi alla moderazione, favorendo paradossalmente (qualche malizioso ritiene, invece, volutamente da parte degli Israeliani!) il potere di Hamas che è chiaramente una organizzazione paramilitare terroristica. Precisamente quella che, per far saltare gli accordi di Abramo intrapresi ultimamente tra lo stato di Israele e alcuni stati arabi, ha proditoriamente e violentemente massacrato coloni ebrei nei kibbutz e quanti ne hanno incrociato nel loro raid. La reazione di Israele è stata di una violenza impareggiabile. E questo è ormai dato di cronaca.
A dare un tono più lieto alla serata ci ha pensato Marcello Vitale, insieme ai suoi musicanti, declamando brani tratti dagli scritti di Don Tonino Bello e castigando con una notissima canzone, “Il disertore” ogni forma di militarismo.
Luigi LANGONE