Pietrafonie è un percorso di ricerca e sperimentazione che dura da tre anni e si traduce in concerti dal vivo, in attesa che venga pubblicato il disco, quasi completato e che una casa discografica lo prenda in carico. E’ musica elettronica alla ricerca di suoni naturali, aldilà delle melodie. La sperimentazione del gruppo, (la cui composizione è riportata nell’intervista) con il supporto dell’elettronica, li porta alla ricerca del timbro e dei suoni naturali e la loro creatività, li spinge ad una intonazione tra suoni di tradizione, le radici e suoni moderni, dove la straordinaria voce di Maria Moramarco, diventa uno strumento essenziale di questa interazione. La tromba di Markus con l’aiuto dell’elettronica crea atmosfere eteree, di pura bellezza spirituale e ambientale, i luoghi con i suoi contenuti (pietre, pecore,campanacci) diventano un turbinio di suoni. E’ la ricerca di suoni la centralità di questo percorso sperimentale, che dalle dichiarazioni dei protagonisti continuerà aldilà dei tre anni. E’ stato chiaro, a partire dagli spettatori che hanno seguito ed ascoltato con attenzione e totale silenzio, che la musica elettronica non sostituisce gli strumenti musicali, ma ne esalta i suoni, li rende più percepibili, più penetrabili in ogni ascoltatore. In questi ultimi cinquanta anni, anche la musica classica si è confrontata con quella elettronica, facendo arricciare il naso ai puristi. Ma la musica, come l’arte, la scienza, senza sperimentazione non può crescere ed evolversi. Questo scritto è l’emozione riportata da uno spettatore Luca Savino.
I musicisti hanno saputo immergersi in questo contesto così suggestivo, antico, arcaico: grazie ai campionamenti (mai invasivi!) i protagonisti del concerto sono stati il vento, le voci, il ritmo spezzato, le nenie, le filastrocche, i densi tappeti sonori orchestrati da Stockausen e da Mina. Una commistione di atmosfere, un ondeggiare tra suggestioni alla Manfred Eicher, riferimenti alla grande tradizione della musica popolare, l’irrinunciabile contributo dei testi tramandati a voce da generazioni di umili cantori, pastori e contadini, che Maria Moramarco ha saputo adattare insieme agli altri musicisti.
Una sintesi riuscita a dimostrazione, se ce ne fosse bisogno, che la musica è l’unico, vero linguaggio universale.
Un esperimento riuscito, che spero possa tradursi presto in una produzione discografica”.
Michele Lospalluto