Chiedere una prestazione specialistica nella nostra ASL e sentirsi rispondere che le liste, o le agende sono ancora chiuse, è una costante, è un vezzo. E’ un risposta, o meglio una non risposta illegale eppure viene consentita e accettata. Se chiedi una prestazione a pagamento (intramoenia o extramoenia) viene concessa il giorno dopo, commettendo il peggior atto immorale, il peggior discrimine(nei confronti di chi non ha soldi) e la più violenta delle disuguaglianze tenendo conto che si tratta di accesso al diritto alla salute, garantito, sulla carta, dalla Costituzione(universalità dell’assistenza). Chiedere una prestazione ad alcune specialistiche, come la cardiologia dell’Ospedale della Murgia”, è a dir poco impossibile, la risposta è sempre la stessa: l’agenda è chiusa. Scopriamo che la posizione del Direttore in rapporto di lavoro extramoenia(svolge attività privata nel proprio studio), non è il solo, è quella che le attività ambulatoriali devono essere svolte sul territorio e non in ospedale. Se dal punto di vista organizzativo e gestionale delle risorse, si può essere d’accordo, anche per l’azione di filtro che dovrebbero fare i territori, nella realtà ci si scontra con territori (ambulatori) privi di molte specialistiche, inadeguati e fortemente carenti di strumenti elettromedicali adeguati alle stesse. Pongo la stessa domanda alla quale non ho mai avuto risposta. Un Direttore che svolge attività privata(extramoenia) nel proprio studio(nell’ospedale della Murgia i Direttori la svolgono quasi tutti), è stimolato o è interessato ad accorciare le liste di attesa? Una domanda che vado ripetendo da anni. Il problema è il mancato controllo, anche delle norme sull’attività a pagamento, che prevede un allineamento tra attività istituzionale e a pagamento e che quest’ultima in percentuale non può superare la prima.
Certo c’è anche il problema della carenza di personale che incide, ma i mancati controlli, con la convivenza, unica in Europa, tra pubblico e privato, sono i maggiori responsabili delle prestazioni negate. Per questo faccio appello a tutte le associazioni che si occupano di sanità, affinché si facciano carico di questi problemi, organizzando iniziative di sensibilizzazione e coinvolgimento dei cittadini, a tutela del diritto alla salute. Dei 2,2 miliardi di euro previsti nella legge di bilancio, ben 1,4 miliardi vengono bruciati dalle bollette, lasciando agli interventi strutturali appena 800 milioni. Nessun finanziamento per le assunzioni di personale, né per il Piano Oncologico Nazionale, che aveva l’obiettivo di potenziare le strategie e le azioni per la prevenzione, la diagnosi, la cura e l’assistenza a 3,5 milioni di malati oncologici, è rimasto senza fondi. Nella legge di bilancio non ha trovato spazio nemmeno l’incremento di 200 milioni di euro dell’indennità degli operatori sanitari del pronto soccorso, che erano stati promessi dal governo, per premiare come aveva detto il Ministro Schillaci chi lavora di più e guadagna di meno. Il finanziamento si calcola in base al PIL, un rapporto che cala fino al 6,1% nel 2025, sotto la soglia minima del 6,6% stabilita dall’ Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Sono stati tagliati 37 miliardi tra il 2010 e il 2020, tutti i paesi UE hanno aumentato la spesa durante la pandemia, l’Italia è rimasta indietro. Se da noi si spendono2.609 euro pro capite, in Germania sono 4.831, in Francia 3.764 e in Gran Bretagna 3.494. L’Italia è fanalino di coda in Europa, infatti la spesa privata, quella presa dalle tasche dei cittadini, ha toccato i 60 miliardi, 7 famiglie su 10 si impoveriscono a causa delle spese per la salute. Lo scenario: pronto soccorsi affollati come reparti di degenza, lunghissime liste di attesa, crescita delle diseguaglianze con i ricchi che potranno scegliere e i poveri sempre più soli. Se vogliamo salvare i bisogni di salute è necessario costruire una mobilitazione larga e lunga, il SSN è al tracollo, il diritto alla tutela della salute sta saltando. Michele Lospalluto