Il 30 giugno u.s.è stato il giorno del funerale per oltre 450 emittenti televisive locali, dovranno spegnere i trasmettitori, lasciando a casa, si calcola oltre 5 mila lavoratori. Questa mannaia, praticata nel gran silenzio dell’informazione, ne mette a rischio la tanto decantata pluralità. E’ sotto chi occhi di tutti, a partire dai dati, che la carta stampata è in forte crisi, i quotidiani nazionali vengono poco letti, nonostante molti di essi abbiano redazioni con pagine locali. L’informazione locale cresce sempre di più per la sua capillarità sul territorio, soprattutto per essere un pungolo per le amministrazioni locali, non solo per la carta stampata, ma anche per le emittenti televisive. Le motivazioni. Il primo taglio delle piccole emittenti, è avvenuto dieci anni fa, nel 2012, su indicazione della UE che ha imposto a tutti i paesi membri, il passaggio alle trasmissioni in digitale.
Furono richiesti particolari requisiti che fecero chiudere centinaia di emittenti e molte di quelle allora risparmiate rischiano di essere chiuse, a causa dell’uso del 5G sulle frequenze delle stesse, banda dei 700Mhz, da parte delle telefonie mobili. Questa nuova tecnica, ha reso inservibili milioni di televisori. Il passaggio all’alta definizione (HD) e alla trasmissione dei canali in Mpeg.4 per migliorare la messa in onda, con costi proibitivi per le piccole emittenti, dopo la crisi pandemica e la guerra in Ucraina, ne ha decretato la chiusura, con la messa in crisi dell’informazione locale, alcuni editori parlano di lutto nazionale per l’informazione. E’ stata lanciata una petizione e raccolti centinaia di migliaia di firme, ma non è bastata. Con il 5G l’UE intende risolvere le interferenze di rete, denunciate da anni, dai paesi a noi confinanti, Malta, Albania.
Costi. Per le emittenti che rimarranno in piedi, avranno vita dura per gli altissimi costi di gestione delle stesse. A gestire le frequenze sono il duopolio di Raiway e Ei Towers (Mediaset) alle quali tutte le emittenti che sono state inserite in graduatoria, dovranno pagare un fitto, con tre mesi di anticipo, che terrà conto della banda richiesta, (più bande si richiede più alti sono i costi), del numero potenziale degli spettatori, calcolati in base al numero degli abitanti della Regione di appartenenza o macro aree create da questo sistema di assegnazione. I canoni annuali possono arrivare fino a 70 mila euro, si pagano 31,5 mila euro a megabit, costi che per alcune emittenti, con l’aggiunta di quelli di gestione, possono metterle a rischio chiusura. L’editore dell’emittente locale Canale 2, Arturo Castoro, ha dichiarato: “Dopo oltre 20 anni di attività non ci aspettavamo che la nostra esistenza fosse messa in discussione ancora una volta. In Puglia e Basilicata, dopo la partecipazione al bando, regioni accorpate per tale procedura, sono rimaste in vita solo 30 emittenti su 100 tra cui per fortuna Canale 2.. Chi ha scelto di trasmettere in Puglia e Basilicata, dovrà pagare 150 mila euro all’anno, mentre chi ha deciso come noi di trasmettere nella sola Puglia, pagherà 50 mila euro.”