Nel campo della ricerca recentemente l’intelligenza artificiale, prestata all’accertamento ematico, apre a nuove possibilità nella diagnostica di alcune patologie tra cui l’Alzheimer con l’aiuto di uno screening non invasivo per mezzo di campionamento ematico superando le tradizionali metodologie. Il futuro potrebbe essere già alle nostre porte. La dottoranda Veronica BUTTARO della UniBa sta rivoluzionando lo screening grazie proprio alla AI simbiotica e al Multi – View – Learning rendendo di fatto possibile l’identificazione dei biomarcatori plasmatici cruciali con un semplice prelievo di sangue invece del tradizionale prelievo del liquor cerebrospinale. Questo metodo d’indagine permette di effettuare uno screening rapido e replicabile aprendo nuove frontiere nella diagnosi precoce della suddetta patologia, che pare esser sempre meno misteriosa per gli scienziati.

D. In cosa consiste l’ambito dello Spoke 6 – Symbiotic AI del progetto FAIR e come questo approccio si collega al Symbiotic AI e al suo lavoro diagnostico per l’Alzheimer?
R. Già dallo scorso ottobre 2023 sono dottoranda presso UniBa in informatica e matematica su una borsa in ambito Spoke 6 e progetto Future Artificial Intelligence Reserch. Lo spoke 6 è coordinato proprio dalla UniBa e mira a sviluppare l’AI simbiotica creando un approccio collaborativo e sinergico tra uomo macchina. L’idea sottesa è quella di costruire sistemi intelligenti capaci di lavorare insieme alle persone comprendendone i modelli mentali comunicando in modo naturale e coordinandosi per obiettivi comuni con applicazioni in settori strategici come salute finanza e cities. La mia borsa di ricerca ha in particolare come obiettivo quello di studiare come rendere AI più sostenibile riutilizzando modelli già appresi per altre applicazioni da inserire in nuovi contesti in particolare in ambito medico. In tal senso uno dei lavori che sto portando avanti riguarda la diagnosi dell’Alzheimer e coniuga la sostenibilità tramite il riutilizzo di modelli, e la simbioticità poiché nella costruzione della metodologia vi è stato un forte scambio tra umani (esperti del dominio come biologi e medici) e le macchine.
D. Il tuo Poster intitolato Identifyng disease biomarkers using a novel data analysis pipeline based on multi- view learning, cosa vuol dire nel contesto innovativo e come questa metodologia migliora l’identificazione dei biomarcatori rispetto ad altri approcci di cui ci si è avvalsi?
R. Essa integra diverse prospettive dei dati relativi allo stesso paziente espressione genica e dati clinici in unico modello. Difatti il nostro modello usa architetture che estraggono caratteristiche specifiche da ciascun tipo di dato ma le combinano in uno spazio condiviso per identificare segnali coerenti e complementari. Questo non può che aumentare la robustezza e l’accuratezza nell’identificare i biomarcatori rilevanti perché sfrutta la complementarietà biologica tra le diverse fonti di informazioni.
Quali vantaggi si possono trarre? Quali le ulteriori sfide sul campo?
Il nostro approccio si basa sui miRNA piccole molecole di RNA non codificante che regolano l’espressione genica e risultano spesso alterati, in presenza di patologie, rappresentando quindi i candidati ideali per i biomarcatori diagnostici.
Quale la sfida?
Integrare informazioni eterogenee consentirebbe di migliorare la predizione dei soggetti a rischio oltre a generare una lista di nuovi biomarcatori plasmatici utili per consentire la formulazione di una diagnosi precoce
D. LUTECH partecipa al progetto collaborando con l’Università di Bari e il Politecnico di Milano, come nasce una siffatta collaborazione? Quale sarà il loro contributo?
R. Lutech è alla base di un lavoro di ricerca più ampio e ambizioso che mira ad innovare la diagnosi precoce dell’Alzheimer per mezzo di dati multimodali. Pertanto il nostro lavoro costituisce solo una parte del complesso lavoro che si pone principalmente due obiettivi: quello di creare un modello multimodale solido e sostenibile in linea con human in the loop in cui AI è un alleato del medico non sostituito, integrando dati diversi (RM, dati clinici, cognitivi, omici) per supportare decisioni più consapevoli, garantire adattabilità anche quando i dati input provengono da fonti e protocolli diversi da quelli di addestramento. In questa fase il Lutech ha un ruolo fondamentale come partner industriale mettendo a disposizione la propria esperienza nella ingegnerizzazione di soluzioni AI e nella trasferibilità tecnologica verso il settore sanitario che è poi il nodo centrale della collaborazione. Ciò permette, in modo realistico, di affrontare la sfida personalizzando diagnosi ed eventuali cure.
D. Potrebbe riferire quali saranno i prossimi studi?
R. Guardando al futuro si prevede una fase di consolidamento e miglioramento prima della implementazione su larga scala. Nello specifico sarà necessario validare i risultati ottenuti attraverso nuovi dati di individui diversi raccogliendo campioni di sangue da soggetti accuratamente selezionati e distinti tra sani e quelli con sospetto, ciò potrà permettere di fornire una base solida per confrontare previsioni del modello con misurazioni reali. Si tratta di una fase cruciale per verificare sensibilità e specificità del modello su dati reali, affinare algoritmi sulla base di evidenze raccolte, ridurre il rischio di overfitting ai dati finora adoperati migliorandone la generalizzazione del modello. In seguito a ciò si potrà procedere con la pianificazione di fasi successive più ampie che potranno anche includere studi clinici multicentrici, o la sperimentazione su campioni più estesi, raccolti in gruppi eterogenei come altri ospedali o protocolli di acquisizione dissimili.
D. Quindi adesso state lavorando su dati clinici già depositati? Che considerazioni puoi riferire rispetto a questa prima investigazione?
R. Per il momento abbiamo solo effettuato i prelievi al Policlinico e siamo in attesa degli esiti.
D. La gente è propensa ad effettuare questo tipo di prelievo? E’ consapevole di ciò che fate?
R. La gente naturalmente è propensa a questo tipo di procedura semplicemente perché si tratta di un semplice prelievo di sangue, quindi potrebbe risultare un modo vantaggioso per diagnosticare la malattia in modo meno invasivo.
D. Quali risultati avete raggiunto fino ad oggi?
Ad oggi i risultati sono solo a livello del nostro classificatore di machine learning che dimostrerebbero di essere prestanti. Attendiamo i risultati del Policlinico per comprendere se ciò che è stato fatto, a livello sperimentale, possa concretamente rappresentare un metodo utile alla diagnostica di questa malattia.
Avelluto Rosaria
