È stato possibile, in più di un’occasione, stare in compagnia della giudice ed è nato in me il desiderio di poterle rivolgere alcune domande che permettessero di conoscerla più approfonditamente e consentire di farla conoscere anche al nostro pubblico di lettori. Consegno a voi di seguito le risposte acquisite.
Quali sono i ricordi più belli che conserva di quando era una bambina? Sono cresciuta in una famiglia serena, circondata dall’amore grande dei miei genitori e dei miei nonni. Erano persone culturalmente molto elevate; mi hanno insegnato ad amare il mondo e a vivere rispettando sempre i principi di onestà, legalità e giustizia. Soprattutto mi hanno abituata a lottare da sola per affermarmi nella vita. Ricordo che la mamma per farmi addormentare mi leggeva delle poesie o mi raccontava delle favole; mio padre, che per il suo lavoro di ingegnere stava fuori dal lunedì al venerdì, dedicava a me e a mia sorella il sabato e la domenica. Ci portava al cinema, a mare, a fare delle gite. Erano i giorni più belli della settimana ed io ero felice con lui. Durante le vacanze estive il premio per la promozione era quello di passare le vacanze estive a Reggio Calabria con i nonni, due persone meravigliose che ho amato come se fossero genitori. Quali sono le persone a lei più care? Le persone a me più care sono state oltre i genitori ed i nonni, mia sorella, il marito, la mia tata che per me è stata una seconda mamma e, naturalmente Donato, mio marito, con il quale ho festeggiato da poco le nozze d’oro. Quale è stato il suo percorso di vita prima di intraprendere quello lavorativo? Sin da bambina sognavo di diventare un magistrato. Mi affascinavano i racconti del nonno, grande avvocato penalista di Reggio Calabria, che, quando mi portava a passeggio – era per me una gioia indicibile-, mi narrava le storie che erano all’origine dei processi da lui trattati evidenziando l’importanza di vivere nel rispetto della legalità e dei valori fondanti del vivere civile, di amare il prossimo o, comunque, di non fare nulla che potesse turbare la vita degli altri. Dopo aver letto dei libri interessanti che il nonno mi aveva regalato mi convinsi sempre di più che quella era la mia strada. Purtroppo, a causa di una legge fascista, la professione del giudice non era consentita alla donna ritenuta non idonea all’arte del giudicare. Al nonno che mi diceva che il mio desiderio non si poteva avverare rispondevo: nonnino ti prego, lasciami sognare! E proprio nel 1963, quando, avendo superato gli esami di maturità, dovevo decidere il mio destino, la legge venne abolita. Il nonno telefonò di nascosto a mio padre per dirgli che doveva iscrivermi alla facoltà di giurisprudenza perché la legge era stata abolita ed io ero portata per il diritto. Al rientro a Napoli papà riunì a tavola la nostra piccola famiglia e raccontò la telefonata intercorsa con il nonno. Poi mi disse: davvero vorresti fare il giudice? ed io incredula risposi; perché tu me lo faresti fare? Al suo sì lo abbracciai e il giorno dopo mi iscrissi con gioia alla facoltà di giurisprudenza. Dopo la laurea, conseguita nel 1967, venne bandito il secondo concorso in magistratura aperto anche alle donne (per me il primo al quale ho potuto partecipare perché era indispensabile il diploma di laurea in giurisprudenza), concorso che ho superato brillantemente diventando a soli 23 anni il giudice più giovane d’Italia. Come prima sede ebbi Milano. Mio padre mi accompagnò alla stazione e solo allora mi resi conto che, partendo, mi sarei allontanata dai miei cari e dal mio mondo. Scoppiai a piangere e mio padre con una freddezza che non avevo mai conosciuto mi disse: cosa sono queste lacrime? volevi fare il magistrato? Hai realizzato il tuo sogno? Adesso vai a Milano serena e ricordati di fare sempre onore al nome che porti. Proprio in quel tempo uscì la famosa canzone Che sarà sarà che divenne la canzone della mia vita. Partii da sola per andare verso la vita voluta dal destino. Ora posso dire che il mio cammino è stato molto bello e ricco di soddisfazioni sia perché a Milano, giocando a scacchi ho conosciuto mio marito, sia perché sono riuscita a svolgere la mia funzione con amore e con passione, consapevole dell’importanza di una professione che, consentendo al giudice di privare della libertà le persone ritenute colpevoli di un reato decide del destino della gente. Quali le sue più grandi soddisfazioni e quali le più grandi tribolazioni? La mia più grande soddisfazione è stata quella di aver imparato a leggere a soli cinque anni grazie a mia madre che aiutandosi con il giornale mi insegnava le lettere dell’alfabeto con un metodo rivelatosi molto intelligente: ad esempio mi diceva che la M era la M di mamma, la P quella di papà, la A di amore. Ho memorizzato così bene le lettere che un giorno per la strada lessi all’improvviso una parola difficile “pasticceria” con grande meraviglia di mia madre. È stato per me molto difficile riuscire a vincere la diffidenza dei colleghi uomini che non accettavano l’idea che una donna giudice potesse presiedere il collegio giudicante. Ho vinto la lira diffidenza e forse la loro gelosia con la forza del sapere e la dolcezza della donna. Ricorda degli episodi che reputa degni di particolare nota accaduti nella sua vita lavorativa? Episodi da raccontare ce ne sarebbero tanti perché ho esercitato la professione a tutto campo: civile, penale, internazionale, giudice minorile, consigliere in corte d’Assise d’Appello. Posso dire di essere stata uno dei pochi giudici che nelle cause civili ha portato le cause a sentenza in meno di un anno pensando ai problemi di carattere economico delle persone che avevano ragione. Come giudice delle separazioni ho disposto una volta la separazione dei coniugi per colpa del marito che, pur essendo un medico ed apparentemente una persona perbene, picchiava la moglie in modo violento. Sono stata forse il primo giudice donna a dichiarare entrambi i genitori decaduti per sempre dalla potestà genitoriale perché il padre violentava la figlia nel silenzio consapevole della mamma. Con i miei colleghi affidammo la bambina alla nonna, ignara di quanto fosse accaduto, e con il nostro coraggio abbiamo salvato la vita di una bambina bellissima. La sera, al rientro a casa dopo questa difficile decisione piansi pensando alla enorme difficoltà della mia funzione. Come giudice internazionale ricordo il caso famoso di Ocalan, il leader curdo per il quale negai l’estradizione in quanto la Turchia contemplava la pena di morte, da noi vietata. Quali sono i progetti futuri ancora in cantiere? Avrei voluto fare oltre il giudice anche la musicista. Dopo la pensione mi sono iscritta ad una bellissima scuola di musica e sono riuscita addirittura a comporre canzoni, sogno che ritenevo impossibile. Ho scritto diverse canzoni che i miei compagni di scuola hanno messo su YouTube. Ho scritto delle poesie che hanno vinto dei premi. Le più belle, Occhi ridenti ed Incanto, dedicate a mio marito hanno vinto dei premi. Ho vinto anche il bellissimo premio Divinamente donna per il libro della mia vita dal titolo La donna e il giudice (di nostra prossima recensione). Questo libro, nel quale racconto la mia vita di donna e di magistrato, vuole essere innanzitutto un omaggio alla mia famiglia e un invito al lettore a riflettere sulla solitudine del giudice, gravato da enormi responsabilità. Nella mia carriera ho vissuto i terribili anni di piombo e ho voluto ricordarli per dimostrare che, nonostante il dolore provato per la morte di colleghi valorosi come Falcone, Borsellino e Guido Galli, abbiamo tutti continuato a fare il nostro lavoro con coraggio e con serietà mantenendo sempre vivo il loro esempio. Ho voluto evidenziare la necessità di far crescere i bambini e gli adolescenti nell’amore della famiglia e nel rispetto dei valori fondanti del vivere civile. Infine ho voluto dimostrare che, nonostante le difficoltà incontrate nello svolgimento di una professione carica di responsabilità e che, comunque, mi ha regalato tante soddisfazioni e i grandi inaccettabili dolori provati per la morte delle persone a me più care, la mia vita è stata interessante e continua ad avere un suo fascino perché riesco ancora a cogliere, grazie alla musica, alla poesia e ed alla conoscenza di persone culturalmente elevate e ricche di sentimento, il bello che ancora mi può offrire. By Serenella Siriaco
Rosaria Avelluto