Ben sappiamo che ogni creazione si tramanda anche per generazioni. Oggi più che mai è necessario
rivalutare questo processo onde evitare l’incedere imperante della grande omologazione che finisce con lo
svilire la capacità di creare in originale cose differenti. Una delle tante preoccupazioni che il settore pone in
essere è certamente quello di come fare a poter trasmettere ai giovani questo immenso patrimonio, anche se
reputiamo sia pur nella sua complessità doveroso farlo. Ricordiamo che qualsiasi prodotto altro non è che
una narrazione unica e originale che si lega a luoghi e a valori inestimabili. E’ dunque necessario
sensibilizzare i giovani ad avere il coraggio e l’intraprendenza di potersi incamminare anche in questo settore
che, esprimendo il nostro patrimonio culturale, sia pure differente per contesti, arricchisce e merita la sua
giusta valorizzazione purché sia in grado di coniugare il vecchio e il nuovo, la tradizione e l’innovazione.
Nonostante vi sia un evidente brusco calo di imprese, esso non perde il suo valore sociale e neppure la
capacità di reinventarsi, neppure la capacità di voler mantenere vive competenze per evitare che scompaiano.
Nella visione della Regione Puglia l’artigianato rappresenta un valore culturale ed economico importante per
tutto il territorio. Per questo sono numerose le iniziative che ne supportano la crescita e che è ancora capace
di rappresentare la cultura pugliese nel mondo. Significativi sono altresì i programmi dell’U.E. e le iniziative
del Consiglio d’Europa e dell’UNESCO per il recupero dei mestieri considerati a rischio estinzione.
Di fatto l’artigianato sopravvive solo e grazie ad una ristretta e particolare clientela ancora in grado di
apprezzarne i limiti e la stessa approssimazione esecutiva tipica del manufatto, ma deve ridurre la portata del
proprio lavoro per la scomparsa dell’antico rapporto maestro-apprendista non più sostenibile per il costo
della manodopera. Resta il grande patrimonio di cultura e storia di cui l’artigianato è portatore, il che ne fa un
riferimento ineliminabile per qualsiasi società contemporanea.
Segue l’intervista ad un ex artigiano, Domenico Castellano, divenuto un hobbista sostenitore del riciclo
funzionale.

D. Perché dovremmo considerare l’artigianato una culla d’arte?
R. Ritengo che è nell’artigianato che si cominciano ad apprendere le basi e se non si conoscono dubito che si possa andare avanti.
D. Dove si possono attingere queste basi?
R. Sicuramente nelle piccole botteghe dove vive l’artigianato vero, dove tutto si sviluppa manualmente sotto la guida di un sentimento che dà valore a cervello e cuore che, quando si attivano, permettono di plasmare l’oggetto. Diceva San Francesco: Chi lavora di mano, di cervello e cuore è un artista.
La passione che nasce è un seme, è quel combustibile che permette di mettere in gioco la propria creatività
D. Come sei approdato a questa mansione?
R. Avevo una predisposizione che è emersa con gli anni ed è poi maturata col tempo. Ho avuto modo di conoscere gente che invece, per vari condizionamenti, si sono persi.
Ricordo che alle scuole medie la mia docente mi commissionava disegni ed era molto contenta tanto quanto lo ero io stesso. Questo è uno dei ricordi ancora molto vivo che mi è rimasto molto impresso nella memoria.
D. La scuola era propensa ad accogliere i talenti oppure bloccava?
R. All’epoca c’erano, tra le discipline di studio, il disegno e le applicazioni tecniche in cui si realizzavano lavoretti che consentivano di utilizzare anche la geometria per dare la prospettiva. E sono proprio questi insegnamenti che hanno aiutato l’emergere della passione. Queste modeste esperienze erano per me finestre sulla vita. Al militare, guarda caso, ho fatto il falegname. Dopo l’assolvimento del servizio di leva il mio comandante mi ha consegnato un attestato di benemerenza per l’attività svolta. A quel tempo ero ancora incerto sul futuro, ma ben presto mi venne il pallino di mettermi in proprio. Pensai di cercare qualcuno che potesse vendermi macchinari, ed è così che potei trovare quello che cercavo da un anziano falegname, che stava in piazza san Lorenzo, meste Peppe. Li acquistai per 600 mila lire. Naturalmente papà mi aiutò, e mi lasciò fare vedendomi molto determinato sulla mia posizione. All’inizio non nascondo che fu dura. Mi iscrissi all’artigianato e lentamente misi ordine a quello che sarebbe stato l’avvenire. Mi accorsi che si trattava non soltanto di lavorare con passione, ma che era necessario imparare anche altro.

D. Per Quanto tempo hai lavorato?
R. Ho lavorato per 43 anni tra apprendistato e militare. Sono andato in pensione a 59 anni, ma non mi sono mai fermato. Ho inaugurato un altro percorso che mi permette in maniera libera di occupare il tempo in nuove esperienze tutte ancora in divenire. Tutto ciò mi incuriosisce. Si dice che, la curiosità è femminile, ma io non condivido questo modo di pensare, tanto è vero che senza di essa non si va da nessuna parte.
D. Quale l’obiettivo futuro?
R. Non ho grandi ambizioni dal momento che mi sento realizzato, non mi manca niente, ma continuare ad essere impegnato mi fa rimanere spirito giovane. Dobbiamo necessariamente non spegnere ciò che ci permette di rimanere in vita poiché contribuisce al benessere non soltanto personale, ma anche familiare ed amicale.
D. C’è ancora qualcosa di particolare che vorresti realizzare?
R. Certamente! Desidero fare ciò che non ho mai fatto.
D. Ti piacerebbe coinvolgere ragazzi giovani? Pensi che abbiano la stessa tua pazienza?
R. Immagino non abbiano la medesima pazienza. Tuttavia posso dire che la pazienza si può gestire se si ottengono dei risultati. Quando non ci sono può voler forse dire che, o uno non recepisce, o io non ne sono capace. A quel punto ci si deve interrogare su cosa non ha funzionato. Sono un carattere molto legato alle regole. Reputo la regola fondamentale per portare il dovuto rispetto in ogni situazione. Il/La ragazzo/a opera scelte in base al proprio sentire. Non bisogna mai condizionare la scelta. Conviene lasciare liberi di andare nella direzione in cui maggiormente propende la nostra passione. Si rammenti che gli esperimenti sono quelle situazioni che ti permettono di imboccare una strada, giusta o sbagliata che sia, di cimentarsi in un’attività, e ciò è fondamentale per poter trovare il proprio posto nel mondo. Se svolgi con passione ciò che fai, il tuo lavoro diventa un gioco, non ti pesa, non sei oppresso. Inoltre se dovessi lavorare con attrezzi pericolosi è assolutamente necessario conoscere l’indole dei bambini/ragazzi. Le cose più pericolose le farei io e ai piccoli lascerei realizzare le cose più semplici.
D. Ritieni di essere un bravo artigiano?
R. Devo esserti sincero. Mi hanno cercato, pregato, affinché potessi realizzare cose. E ciò dovrebbe bastare.
D. Qual è stato la tua prima occupazione da hobbista e da lavorante professionista?
R. Il disegno realizzato a scuola. Se non fosse stato per il militare non sarei mai stato stimolato a fare l’artigiano, naturalmente supportato anche dalle condizioni favorevoli e dai miei familiari. Ho lavorato a 45 anni presso la Natuzzi dove cercavano un profilo molto alto ed ho realizzato molti prodotti nella prototipia. Ho avuto contatti diretti con architetti, sono stato in Olanda, Germania e Stati Uniti. Girare il mondo, vedere altre esperienze, mi aprivano altri mondi e al tempo stesso mi garantivano belle soddisfazioni. Desidero proseguire cercando di fare altro con la stessa passione.
D. I tuoi genitori avevano paura che ti facessi male
R. Sì avevano paura ma si soprassedeva, il pericolo fa parte della esperienza di vita, bisogna saperlo riconoscere, affrontarlo e superarlo. Infatti ci sono stati incidenti vivi nel ricordo che mi rendono più prudente. Ci sono tanti amici che mi dicono: Io non voglio rischiare! Ma la vita è fatta di un pizzico di follia e di rischio. Arriva pure il momento in cui uno decide di arrendersi. Bisogna essere capaci di affrontare ogni cosa con la dovuta serenità. Tutto a tutti può succedere.
D. Che messaggio vogliano lasciare ai giovani?
R. Hanno bisogno di buoni consigli ed insegnamenti validi ad indirizzare convenientemente le scelte ed il proprio operato. Io stesso ritengo di aver realizzato quanto non avrei neppure lontanamente pensato di produrre.
D. Sei contento di essere pensionato?
R. Certo che sì. Pur avendo 72 anni e vivendo tra ritmi più pacati, non più frenetici, mi sento ancora uno spirito giovane.
Allora Domenico ci congediamo. Restiamo in attesa di ricevere tue buone nuove con la speranza che ciascuno possa trovare il suo giusto spazio nella propria esistenza e possa definirsi realizzato come lo sei stato tu.
Avelluto Rosaria
