Il libro, fin dalle prime pagine, offre incredibili suggestioni a partire dal racconto avviato nelle ore oscure della giornata. Quelle delle ferite, dei dolori e del mistero che queste donne magiche, ribelli, non omologate con un pensiero altro, donne che erano sempre giudicate e squartate nell’anima. Perché? Per lo spavento degli uomini. “Erano donne molto emancipate per la loro epoca, e questo spaventava chi viveva in quelle comunità più ristrette e conservatrici.” Queste donne, piccole chiese sconsacrate, anime pure e belle, amanti della loro libertà e sovente inclini alla ribellione, vengono additate al malefico, al cattivo, preparano sortilegi per difendersi. Ogni donna che mostra il proprio potere, tuttavia, non sarà mai pari alla prepotenza degli uomini. Certamente esistono donne violente, ma la donna non fa del male come l’uomo quando viene abbandonato, la spiegazione forse la si può attribuire al fatto che la donna mette al mondo la vita. Eppure ci sono memorie che crollano continuamente sotto le macerie, per questo il libro aspira a togliere quella polvere che si è depositata dalle rovine. L’autrice, nella stesura del testo, si serve anche della lingua dialettale ritenendola più vicina all’anima in quanto le parole tradotte non hanno uguale significato, anzi la traduzione le depotenzia. Il libro pare abbia attraversato una lunga gestazione e guadato periodi luttuosi che nello stesso tempo l’hanno forgiata ed insegnato soprattutto a fare i conti con quello che riguarda l’attaccamento alle radici e alla libertà di andare anche controcorrente e fare scelte difficili che pur non tradiscono ciò che si è interiormente. Possiamo stare in ogni parte del mondo, ma sempre ci sarà una radice che riconduce lì dove siamo stati bene. La notte è il periodo in prevalenza più florido per la sua scrittura, le concede un tempo di maggiore riflessione. Nel libro c’è tanto dell’autrice e dei suoi figli. Ciò che la unisce a Michele è di certo la curiosità di visitare caseggiati abbandonati, dal momento che suscitano quell’aura di mistero e invitano acuti osservatori a fare supposizioni su chi li avesse abitate, vissute e poi abbandonate. Con la figlia Ginevra è la natura con tutte le piante verdi che in essa vi dimorano. Per conciliare giovani e meno giovani si è servita dei Li cuntu. Inoltre, se è pur vero che per certi versi gli strumenti tecnologici ci offrono l’opportunità di essere interconnessi col mondo intero, è altrettanto vero che ci hanno profondamente disconnessi dalla realtà e questo emerge da un ricordo, che si trova indelebilmente fermo nella sua memoria, quello del nonno e del camino: “Mi pareva come stare all’apertura di un cinematografo quando ieri, davanti al camino si ascoltavano storie di streghe e di lupi mannari, storie anche fra quelle più paurose per poi essere noi rispediti a dormire. Come si può chiedere di far ciò dopo quanto ascoltato? Salire 20 scale andare a dormire ce la si può fare?” Certo, con coraggio e ardimento, si può fare. Per dare ulteriore attenzione alla sua accurata ricerca su più piani di lettura il colore delle pagine cambia. Durante la lettura, a proposito di sortilegi, potrete imbattervi in Incanto del vento per dimenticare una persona/un amore di cui, per brevità, inseriamo gli elementi occorrenti, come la candela bianca, un foglio di pergamena, una piuma leggera, un piccolo specchio, un filo di seta nera, erbe per l’oblio, etc. chissà se Manuela avrà mai preparato questo decotto. (?) Trattasi, dunque, di un racconto nel racconto in cui, il figlio, trova un libro mezzo bruciato in una casa antica Memoria di una Janara. Nel prosieguo si parla di curare le ferite che nessuno vede. “E se questo libro lascia domande senza risposte, o è complicato da capire, lo è perché il mondo delle Janare, delle streghe, delle donne ribelli, non è mai stato semplice da interpretare, anzi spesso è stato un vero e proprio enigma, altre volte l’ignoranza ha deciso di non aprire la mente alla diversità.” Non essere stati capiti pur spiegando, in ogni ambito, genera incomprensioni porta a litigi, ad accumulare rabbie e/o rancori. E perché io, che sono parte del mondo, non mi sento compresa, non mi capiscono? Probabilmente sono interrogativi che in tanti si saranno posti. Ad esempio, costringere qualcuno ad effettuare scelte indesiderate e che, per quieto vivere, si accettano passivamente. Eppure, basterebbe un semplice no, perché le cose vadano in altra direzione. L’autrice fa riferimento al caso di Franca VIOLA successo ad Alcamo in Sicilia negli anni ’60. Disse no al matrimonio riparatore che permetteva non tanto alla vittima di violenza di avere tutela, quanto al violentatore di non andare in galera. È più difficile essere ribelli che obbedire. Nella scrittura l’autrice riesce a trovare quel margine di libertà che sgomitando dentro sé stessa gli permette di emergere. Gli spiriti molli le hanno fatto perdere anni importanti della sua vita. I racconti affascinanti, le formule magiche li ha raccolti in anni di ricerca per poi rielaborali. In relazione alla violenza di genere ricorre al Malleus Maleficarum, un vero e proprio vademecum, da cui si doveva capire chi fosse una strega, creando una scenografia emotiva che offre al lettore l’idea di sentirsi all’interno di ciò che legge. Riepilogando possiamo dire che guardare da angolature diverse lo stesso fenomeno migliora la conoscenza. “… La storia della sua infelicità le sonnecchiava negli occhi e se nessuno sapeva leggerla era perché il sorriso richiamava le lacrime sul davanzale delle ciglia un attimo prima di esondare. Era coraggiosa finanche nei respiri. Li centellinava con parsimonia mentre nel centro della tempesta teneva al riparo le margherite per non arrendersi all’inverno. Non portava in dote maledizioni ma per due decadi di luglio visse spinta sul ciglione di parole spinose: “Sortilegio l’avvolge. è una janara…” poi si fece aurora e cadde come brina sui prati. Chi l’avrebbe curata nei ricordi?…”. E’ la personificazione di quello che avviene in ognuno di noi quando stiamo per accedere al pianto. Quando in un momento di tristezza ci invadono improvvisamente e sono pronte ad esondare, ma sono gli stessi occhi che molte volte le persone non sanno guardare. Ha scritto ciò ricordando una ragazza che aveva sempre gli occhi lucidi ed un sorriso ampio, e poi un bel giorno ha preso il foulard della sua mamma e si è impiccata. Si chiamava Giuliana, su cui ha scritto un libro a parte Io sono la Rosa. Quella storia l’ha talmente stravolta che le ha dato la possibilità di raccontare delle Janare che tante volte si sono ammazzate, avvelenate. Sono quelle storie di infelicità che dovremmo guardare con più attenzione, sono maschere sottomesse alla quotidianità e che, per non dimostrare una fragilità, sorridono nonostante il dolore che si portano dentro, e che chiamano depressione sorridente, che è la più difficile da riconoscere e valutare persino dai terapisti che non riescono a capirla. Si dovrebbe dare più attenzione agli altri e non vedere sempre l’altro come quello da superare, istruire secondo le nostre idee, ma come persona uguale a noi, che dovrebbe trovare accoglienza ed invece trova porte chiuse. Dovremmo imparare a costruire silenzio per accorgerci di ciò. Dicono che la notte sia un locus oscuro…. Facciamo un piccolo salto temporale è possibile esser portati a pensare che, per una forma di transazione genetica, ci trasmettiamo quel senso di fiuto come animaletti selvatici e spesso ci si sente dire “Ma come fai a saperlo? Come hai fatto a capirlo? E come dici questa cosa, l’hai già vissuta?” e questo, non perché siamo Janare, ma perché siamo donne che ci siamo trasmesse per difenderci da un imbroglio, da un dolore, da una ferita. Questo fiuto ha bisogno di sensori ancora più accesi dal momento che sono storie di tutti i giorni, è una grande sconfitta dell’essere umano, della nostra difficoltà ad essere accettate finalmente come persone. Quello che si vive quando le parole non vengono accolte come dovrebbero, quando le persone che abbiamo di fronte non ci capiscono come dovrebbero, o forse quando non siamo capaci di usare le parole giuste per esprimere quello che proviamo davvero. Ci sono dei silenzi che sono eloquenti più delle parole, ma rimangono silenzi. Manuela suggerisce ai suoi figli che, nella vita, bisogna parlare perché il silenzio tutela sempre l’aggressore e mai la vittima. Lo dice come una sorta di esortazione a ribellarsi a fare quello che non si è fatto quando si era giovani; non ho mai detto di desiderare far questo, oppure, non mi sta bene. Diciamo che, secondo alcuni, la sofferenza aiuta a scrivere meglio. “Ho fatto una capanna di silenzio dove metto ad asciugare le parole non dette. Quando il sole si ritira nel ventre della notte dissecate prendono vita nell’umidità del respiro dando forma a luccichii di stelle saette di nebulose tra satelliti di tristezza infinita nel circo muto dei rimpianti. Qualcuno mi chiama per nome altre si lasciano prendere dai lacci dei sogni. Lì seminano speranze nei corpi degli assenti e riannodano cure di memoria ai distacchi abissali devoti carichi d’illusioni tra il mare della vita il deserto della morte. La lingua ferma sul dorso dell’aria tace e noi non siamo”. … “Tienimi radice attaccata alla terra. Lucidi fili di parole si rincorrono nel vento a tirare memoria nei capelli barlumi di fuochi fatui nel petto. Bevimi veloce come se fossi l’ultima luna a scendere nella gola dal monte dei miei anni. Reliquia dissacrante l’assenza in questa torba di pensiero. Inutili i miei canti a questo Dio sordo.” Non so se ci sia al mondo un dio sordo. Per concludere il nostro itinerario affermiamo che è un libro con vari registri di lettura e scrittura. Solo la penna sottile di Manuela poteva accendere il focus sulla ferita che sanguina, ma lei ha acceso un fuoco su una ferita antica ancora aperta.

Breve biografia Emanuela SICA nasce ad Avellino nel 1975 e vive a Guardia Lombardi Irpinia. Ha pubblicato raccolte di poesia e non solo come Un angelo all’improvviso 2006 Delta edizioni Il diario segreto di Giulietta 2023 Controluna edizioni, Il giglio di grano 2013/2018 Delta edizioni, Canne al vento 2022 Pensa editore Uccelli di carta 1993 il Monte edizioni, Antologia sulla violenza di genere 2021 Delta edizioni. È avvocato cassazionista, giornalista pubblicista, attivista per i diritti delle donne contro la violenza di genere. Dirige l’Area Antiviolenza di Genere del Corpo Internazionale di Soccorso. Collabora a quotidiani, riviste, blog.
Avelluto Rosaria