La storia narrata in stile autobiografico, e con encomiabile fluidità di linguaggio, è quella di una gran donna che sin dalla più tenera età ha inseguito il suo sogno più grande: divenire un magistrato. La tenacia con la quale vuole realizzare questo suo nobile scopo risiedeva nel voler dimostrare a tutti che anche le donne sono idonee a giudicare. Nel primo capitolo Un sogno che s’avvera viene citato l’incontro avvenuto con la grande Rita Levi Montalcini che diviene per lei un modello imitabile, e dalla quale ascoltando le difficoltà vissute, tra cui la contrarietà del padre per la scelta dei suoi studi in neurologia, riesce con (la sua storia e il suo esempio mi hanno dato la forza di lottare per inseguire il mio sogno.) il suo obiettivo con grande forza di volontà. Le riferisce che per conservare la memoria è necessario esercitarsi, perché la memoria è un muscolo e se non continuiamo a pensare essa è destinata a morire. Da quel momento ha in ogni modo messo in pratica questo suo suggerimento. Si legge che la sua è stata un’esistenza vissuta incrollabilmente all’insegna della legalità; suo filo conduttore, radicato nei contesti di vita familiare che, sin dal principio, le hanno consentito di nutrirsi del loro amore viscerale per la vita e la bellezza, viste e vissute in ogni loro aspetto e che ovunque l’hanno contraddistinta. Proseguendo nella lettura si scopre che, suo padre, per farle comprendere l’uguaglianza fra gli uomini, e che il razzismo era un gran male, le comprò un disco Angeli negri cantata da Don Marino Barreto. Un metodo consolidato dai suoi era il dialogo in grado di dare a tutti quella serenità necessaria a superare le difficoltà che avrebbero potuto divenire insormontabili. I valori basilari di umana e arcana memoria ricevuti sono stati il rispetto di se stessi e quello altrui. Nel secondo capitolo sono riportate parte delle esperienze legate a “Le difficoltà di una donna in carriera” in cui si evidenziano le sue capacità di vincere le diffidenze e i timori reconditi di uomini non ancora pronti a confrontarsi con le donne trattate con sufficienza. Non pochi sono stati i pregiudizi cui ha dovuto far fronte, in special modo fra i suoi colleghi maschi che permeavano, e permeano forse ancora oggi, la cultura comune di considerare un giudice donna e per di più tanto giovane incapace di svolgere questo incarico con professionalità, e ciò ogni volta diveniva per lei una grande sfida che ha sempre vinto con coraggio, grande dedizione, serietà e diligenza volta alla ricerca di verità e giustizia perché potessero trionfare, persino quando in silenzio il giudice medita sul suo operato nel suo essere imparziale e sempre super partes. Proseguendo la narrazione si legge del suo impervio itinerario non sempre esultante, ha dovuto misurarsi, come donna e magistrato, con innumerevoli contrarietà e crucci concedendole di giungere a quella che a voi ora si mostra. Giocando a scacchi incontra l’uomo della sua vita, che da oltre 50 anni le sta accanto, e a cui ha dedicato struggenti versi come quelli inseriti nel componimento Occhi ridenti. Non sono mai mancati momenti di malinconia nei momenti in cui pensava alla lontananza dagli affetti e dalla propria terra natia. Nell’ultimo capitolo “Il profumo della ritrovata libertà” la narrazione prende un’altra piega. Dopo una vita trascorsa a combattere il crimine ci parla di colori, aria, profumi, fantasia, infinito, immaginazione, dolcezza e pace e ci sembra quasi che un cerchio si chiuda con Irene, nome della mamma, che vuol dire proprio pace e che le ricordava di sorridere sempre. Qui ci preme ricordare il grande valore che ella ha sempre affidato all’amicizia, al punto da riportare l’avventuroso ritrovamento fortuito dell’amica Itala, sua compagna d’infanzia. Nel testo non mancano altresì spunti per riflettere sull’inesorabilità del tempo che passa e va, permettendo all’autrice di sostenere che l’unico tempo che si accetta è quello dell’amore poiché a sceglierlo siamo noi. A margine delle considerazioni già espresse riteniamo questo lavoro un doveroso omaggio rivolto ai suoi dolcissimi genitori e nonni, un inno alla vita e alla forza che la rinvigorisce: l’amore! Tra le righe Serenella ci consegna un messaggio, ancor oggi di grande attualità, che lascia ben sperare in un futuro migliore: Senza il RISPETTO della LEGALITA’ la vita non diventa nulla di BUONO. Siamo esseri in divenire e in quanto tali abbiamo la possibilità di smuoverci, trasformarci per stare con coraggio in questo mondo. Dalla lettura emerge chiaramente che la libertà presuppone l’amore necessario per scandagliare nella propria anima affinché sia portata alla luce la nostra unicità. Ed allora se tutto ciò è vero l’invito che mi sento di rivolgere è certamente quello di leggere appassionatamente queste pagine, preferibilmente con i più giovani, offrendo spazi idonei ad un’aperta discussione che permetta di raccogliere eventuali suggerimenti e critiche su cui poter lavorare per rendere tuttora credibili valori cui, da troppo tempo ormai, non si tributa un’appropriata attenzione.
Biografia dell’autrice:
Serenella Maria Siriaco nasce a Salerno 01/01/1946 ed è residente nella città di Napoli. Consegue la sua laurea in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Napoli nel 1967 e a soli 23 anni vince il concorso in magistratura, divenendo il giudice più giovane d’Italia (tale carriera alle donne, fino al 1963, era preclusa da una legge fascista). Per molti anni ha esercitato la sua professione in tre importanti città italiane: Milano, Roma e Napoli. La sua carriera si conclude alla Corte d’Appello di Napoli. Conseguito il suo pensionamento si è dedicata a musica e poesia studiando pianoforte e composizione, ha redatto un testo autobiografico e poesie, alcune delle quali sono anche state musicate. Ha partecipato e vinto numerosi premi, tra i quali potremmo citarne tanti, per brevità ricordiamo quello della critica per i suoi racconti, il premio per il suo saggio sulla libertà Concorso Seneca, un premio speciale al concorso DivinaMente Donna con il testo La donna e il giudice, e due ultimissimi fantastici premi come l’Attestato di Elogio e benemerenza in qualità di relatore, omaggio alla sua professione di giudice dei minori e Primo premio per l’articolo L’età della crudeltà e della disperata solitudine all’interno del Concorso Ciò che Caino non sa a cura dell’Accademia delle Arti e delle Scienze filosofiche (BA). Nel suddetto testo affronta le difficili problematiche concernenti i minori, mettendo in risalto episodi presi in esame e decisi con la sua competenza ed estrema professionalità. (https://www.accademia-asf.it/caino_ed_risultati.php?anno=2025&id_sezione=83)
Avelluto Rosaria