Il 10 maggio ricorre l’anniversario del saccheggio delle truppe banditesche del nobile cardinale diacono Fabrizio Ruffo, calabrese di origine, padrone di territori, che volle difendere da una possibile rivoluzione borghese. La memoria storica del bicentenario del 1999 inizia in Altamura con le celebrazioni annuali dell’evento, immortalato nel centenario del 1899 dalle lapidi delle vie e dei claustri del Centro storico. La Toponomastica segna 190 martiri, secondo “ I Medaglioni di Vincenzo Vicenti”, che restano la fonte più aggiornata per approfondire ulteriormente le cause degli uccisi o dei prigionieri o degli scampati in fuga: nobili, preti, popolani, uomini e donne. Le iniziative del primo Coordinamento diretto dal medico Pignatelli e poi quello dell’ins. Arcangela Vicenti e della preside Bianca Tragni, continuano da alcuni anni, con Tonia Tota presidente dell’ Associazione Martiri 1799. Esse mantengono vivo il ricordo della Rivoluzione Repubblicana durata quattro mesi con una tragica conclusione. Sabato scorso si è celebrato l’evento inneggiando alla Libertà con la presenza del sindaco Petronella e della vice Miglionico, dei sindaci dei Comuni interessati, nella mattina a Piazza Resistenza. I loro discorsi hanno elogiato i valori della Libertà, Uguaglianza e Fraternità, dopo il saluto della presidente. La corona depositata alla grande lapide della celebrazione del primo centenario, la danza delle bambine della scuola elementare, i pensieri scritti dai ragazzi per i bambini nati il 10 maggio, hanno espresso maggiore folklore alla manifestazione. Infine la declamazione poetica di Marco Francesco Bruno Assessore di Acquaviva delle Fonti ha concluso l’adunata condotta dal giornalista Vito Giordano.

La serata nella Sala Consiliare è iniziata con l’esibizione del Coro musicale della Università Popolare della Terza Età, diretto dal soprano Rosa Simone, che ha rivelato la sua bravura con alcuni canti in sintonia con l’evento celebrato. Dopo il saluto della presidente Tonia Tota ai convenuti e dell’assessore alla Cultura, Angela Miglionico, il poeta Marco Colonna ha recitato in vernacolo un inno alla libertà del 1799. Finalmente la prof.ssa Rosaria Avelluto può annunciare “ L’incontro con La Storia” della Rivoluzione francese e altamurana con i prof.ri Basile e Carmine Pinto della Università di Salerno. La Rivoluzione Repubblicana francese della prima fase del 1789-1791, attuata poi ad Altamura nella sua purezza con i principi di Libertà, Uguaglianza, Fraternità per merito del clero, seppe educare il popolo ai valori evangelici. Nel gennaio 1799 cominciò in città una fase di anarchia suscitata in particolare dalla numerosa famiglia Giannuzzi, di cui il figlio medico fu definito il Robespierre altamurano. In quel momento scesero in mezzo al popolo l’arcidiacono De Samuele Cagnazzi e altri preti a spiegare il giusto significato delle tre famose parole, come insegnate dal Vangelo: libertà è liberazione da ogni male per la pace; uguaglianza di tutti con gli stessi diritti e doveri; fraternità per un amore che affratella tutti i popoli. La calma tornò tra i cittadini e i’8 febbraio si piantò l’albero della libertà in Piazza Duomo, benedetto dai preti presenti. Il Prelato Vescovo mons. De Gemmis invitò il popolo in Cattedrale a ringraziare Dio con il canto del Te Deum, come era stato fatto in Francia, ritenuta giusta, equilibrata, santa dalla nobiltà, clero e borghesia. La vera Repubblica francese fu distrutta nel 1791 dalla Costituzione civile del clero, voluta da una falsa e limitata Ragione dell’Illuminismo del Direttorio rivoluzionario di Salute Pubblica, che causò la divisione del clero in giurato e refrattario. Ad Altamura la Repubblica fu annullata dal cardinale Fabrizio Ruffo con le bande sanfediste. Perché tutta la popolazione altamurana fu unita a volere la Repubblica a differenza di altre città meno unite? Dal 1848 la presenza della Università degli Studi, fondata dall’Arciprete Papiniano Cusani di sano indirizzo illuministico, aperta a tutti, preparò una cultura di unità tra ragione e fede. Essa si autososteneva economicamente con la Banca del “Monte a moltiplico”, istituita dall’Arciprete Pietro Magri nel 1667. Il deposito bancario servì anche al Prelato Vescovo mons. Gioacchino De Gemmis quando sviluppò l’Università dal 1783 al 1818, interrotta durante il saccheggio delle bande borboniche del 10 maggio. Essa riprese l’attività il 1801 con il ritorno dell’esercito francese a Napoli. Anche allora si sostenne con la famosa Banca. Senza questi due istituzioni non è possibile capire la formazione universitaria del popolo alla libertà repubblicana e la conseguente resistenza degli Altamurani alle truppe del Ruffo. De Gemmis, di cultura illuministica e di fede cattolica fino al sacrificio, come pastore del suo gregge, assistette sempre la popolazione, che portò con sé a Terlizzi, suo paese, la notte del nove maggio, scappando da Altamura da porta Bari quando ormai la difesa degli eroi non era più possibile per la mancanza di munizioni.

Allora cominciò il saccheggio da Porta Matera. Gli aggressori sfondarono la grande porta uccidendo i difensori e saccheggiando le abitazioni. Per tre giorni il terrore fu spaventoso. Molti preti furono uccisi, anche quelli che pregavano in chiesa. Dopo tre giorni il vescovo e gli Altamurani ritornarono quando il Ruffo li invitò con la promessa di perdonare gli innocenti in una città ormai vuota. De Gemmis, a proprio rischio, si presentò al cardinale per chiedere il necessario per celebrare perché erano stati sequestrati calici dorati e altri utensili sacri. Eppure il 5 maggio era stata celebrata la festa di Santa Irene con solennità e processione con le bandiere repubblicane. La seconda relazione del prof. Pinto si è svolta subito dopo con il tema sulla situazione sociale e ambientale del 1799 a confronto con quella dei secoli seguenti contemporanei. La giornata degli spettacoli e del pensiero storico si è conclusa, ma la celebrazione è continuata domenica mattina con la visita alle vie e ai Claustri, guidata dalla dott.ssa Giuliana Maffei. Vincenzo Basile