Rosy Bindi è stata una militante di base e dirigente dell’azione cattolica, parlamentare, ministro della sanità, ministro per le politiche per la famiglia, vicepresidente della Camera dei Deputati, presidente del Partito Democratico, presidente della Commissione parlamentare antimafia.
Il suo intervento è iniziato con il ringraziare tutti coloro che si sono battuti contro il fascismo e hanno conquistato la libertà e la democrazia e la guida della della comunità cristiana, Papa Francesco, che ci dà la linea e la speranza.
Lo scenario mondiale: la guerra. La guerra non è mai venuta meno,come dice Papa Francesco, siamo ad un terza guerra mondiale a pezzi, che si posso ricongiungere. L’Ucraina è in Europa con la sua guerra, il Medio Oriente è molto vicino,un’area che è stata sempre ad alto rischio per gli equilibri non solo in Europa. A tutto questo si aggiunge la debolezza di quelle realtà sovranazionali che potrebbero indicare soluzioni, assistiamo ad una perdita di autorevolezza delle Nazioni Unite, ad un’afasia dell’Europa, la quale non ha una sua voce autonoma. Una voce, sottolinea la Bindi, che dovrebbe avere per le sue origini, per la sua cultura e perché potrebbe essere un esempio di realtà sovranazionale che si esprime con autorevolezza ed unica voce e per riscattare la crisi che l’occidente sta vivendo in questo momento.
L’occidente, la democrazia e il mercato. L’occidente era considerato il luogo della democrazia, della libertà, del mercato contrapposto per molti anni al blocco sovietico, che si è disgregato nel 1989 con la caduta del muro di Berlino e ci eravamo illusi che aveva vinto la democrazia, invece aveva vinto il capitalismo. Non era stata la democrazia che aveva messo in crisi l’impero sovietico e il sistema collettivistico, ma l’economia capitalistica di mercato liberista. Ci sono responsabilità dell’Europa non solo nel non aver tentato di evitare che gli ex paesi dell’ URSS si facessero risucchiare, ma soprattutto nell’aver abbandonato l’unico processo democratico tentato da Gorbaciov, dopo arriva il suo successore Eltsin che era il vero padre politico di Putin. Questa è la storia della superiorità dell’occidente, del capitalismo, che ha finito di dare vita a quella fase di ubriacatura del liberismo, ribadisce Bindi, che dobbiamo attribuire alle destre americane e della Gran Bretagna, Reagan e Thatcher, con la nascita del processo di finanziarizzazione dell’economia, la globalizzazione, le quali hanno prodotto delle disuguaglianze nel mondo, molto più forti di quelle che avevano portato allo scoppio della seconda guerra mondiale. I paesi europei, anche quelli che hanno più forti democrazie, circondati da autarchie, sovranismi e da nazionalismi, si vedono minati al proprio interno. Non c’è da banalizzare se nascono formazioni filonaziste, filofasciste, perché in tutti i paesi europei c’è un destra xenofoba e sovranista e la causa sta nel grande incrinamento del patto tra democrazia, pace e benessere. Oggi c’è una situazione capovolta: un terzo della popolazione sta bene, anzi benissimo e i due terzi che sta male o benino, che deve fare grandi sforzi per sopravvivere. Se non vengono garantiti i diritti essenziali, lavoro, scuola, sanità, perché un cittadino deve essere attivo, partecipativo ai processi della società? Questo è lo stato del nostro paese.
L’Italia e la sua Costituzione. Il premierato. Noi siamo in un momento in cui invece di rileggere la Costituzione e attuarla, stiamo decidendo di cambiarla. Una elezione diretta del Presidente del Consiglio, non prevede più la sua scelta dopo la consultazione dei gruppi parlamentari e non prevede neanche la nomina dei ministri da parte del Presidente della Repubblica e soprattutto non prevede più lo scioglimento del Parlamento, nel caso in cui viene a mancare una maggioranza, oppure l’incarico ad un altro presidente del Consiglio per formare altro governo. Altro problema è togliere la garanzia al Presidente della Repubblica come punto di riferimento unificante dell’equilibrio tra i poteri, legislativo, esecutivo e quello della Magistratura, difronte a una legittimazione diversa del Presidente del Consiglio rispetto al Presidente della Repubblica, si dovrebbe riconoscere al primo (Presidente del Consiglio) la funzione nei confronti della Magistratura, che guarda caso, è oggetto di riforme assolutamente incostituzionali da parte di questo governo. Nella nostra Costituzione la separazione delle carriere non è prevista, non per dare strapotere ai giudici, soprattutto nei confronti della politica, ma soprattutto perché si vuole che il P.M. sia più giudice e magistrato autonomo per non essere subalterno al potere esecutivo. Questo rappresenta un vulnus alla nostra Costituzione e democrazia. Fino ad oggi il Governo è espressione del Parlamento, con il premierato è il Parlamento che diventerebbe espressione del Governo, anzi del Presidente del Consiglio. Con questo stravolgimento della nostra Costituzione, non siamo più una Repubblica parlamentare, nella quale quello che conta, non è la durata dei governi, ma la durata delle legislature, infatti l’atto più grave è lo scioglimento del Parlamento che è la diretta espressione popolare, il cui potere lo esercita secondo quanto prescritto dalla Costituzione. Quella che si vuole creare non è la terza Repubblica, come dice la Presidente del Governo, ma un’altra Repubblica, mi meraviglia, sottolinea fortemente la Bindi, che questa proposta viene fatta da una forza politica, la cui origine appartiene a un partito che non l’ha mai votata. Non esiste in nessun paese questo tipo di Repubblica che si vuole proporre, ci ha provato solo Israele che dopo le tante proteste popolari è tornato indietro.
L’autonomia differenziata. C’è una forma di scambio tra la Lega che da qualche anno insiste per approvarla e FdI che progetta il premierato. L’autonomia differenziata è la rottura del paese che non è un’unità formale, è un’unità sostanziale. Non ci possiamo permettere un’autonomia differenziata che permette alla Regioni più ricche di chiedere la secessione da quelle più povere, per trattenere più risorse venedo meno alla corresponsabilità dell’equilibrio dei conti a livello nazionale e favorendo una forte mobilità sanitaria dal Sud al Nord, soprattutto nelle strutture private, con un forte aggravio di spese delle casse già deficitarie delle Regioni del Sud. Tra le materie che rivendicano le Regioni, ribadisce la Bindi, ne cito una per tutte, l’energia. Ma vi pare che si possa risolvere a livello regionale? Mi pare che non ci sia problema più globale dell’energia. Lo si rivendica nel singolo territorio a favore magari del padroncino locale. E conclude, su questo tema, o il Parlamento si ferma, oppure c’è lo strumento del referendum, visto che abbiamo vinto due volte, quando ci volevano portare via la Costituzione, penso che ce la facciamo la terza volta, ma ci dobbiamo credere e può diventare l’occasione per riscattare la politica.
La sanità in Italia è veramente malata? Interviene Margherita Miotto, già assessora Regione Veneto e parlamentare. Mai come in questi ultimi mesi, sottolinea con energia, ci sono state iniziative, manifestazioni che ponevano all’attenzione il diritto alla salute e il futuro della sanità pubblica. Con la Bindi e un altro gruppo di persone abbiamo fondato l’”Associazione Salute Diritto Fondamentale” circa due anni prima del covid, perché c’era un grande silenzio sulle criticità che emergevano, sui rischi che il SSN stava correndo e abbiamo organizzato una serie di iniziative per far comprendere che c’è bisogno di un cambiamento, non si può stare fermi e rassegnati alla crisi del 2008, con il rischio di tornare indietro al sistema delle Mutue o a quello assicurativo, che è il più iniquo perché rompe il concetto solidaristico che sta alla base del servizio pubblico universale. Le criticità. In un sistema fortemente regionalizzato, non ci sono livelli di controllo, di verifica e di valutazione nazionale che garantiscano che i LEA (livelli essenziali di assistenza) vengano applicati. L’autonomia differenziata aumenta le disuguaglianze già esistenti, infatti all’osservazione che con la regionalizzazione del Servizio Sanitario i LEA non sono garantiti in maniera omogenea, neanche negli stessi territori regionali, i favorevoli rispondono che non si crea altro problema se le disuguaglianze esistono, per cui bisogna rassegnarsi anche ai LEP (Livelli essenziali di prestazioni) che non sono garantiti a tutti. Forse dando più responsabilità, sostengono i favorevoli, potranno essere risolti i problemi. Questo vuol dire che le diseguaglianze imposte devono essere tollerate in contrasto con quanto prevede la Costituzione? L’autonomia differenziata prevede che le Regioni che l’hanno proposta (Veneto, Lombardia e Emilia Romagna) abbiano l’autonomia per alcune funzioni specifiche, per la sanità: eliminare i tetti di spesa, che farebbe aumentare la spesa delle strutture accreditate; il potere di formare gli operatori, disegnando un quadro formativo disomogeneo; amministrare i fondi integrativi che invece di essere usati per attività sociali (pagare baby sitter, accesso alle palestre, ludoteca ecc) vengono utilizzati da attività sostitutive del Servizio Sanitario (abbattimento liste di attesa), contrattando quote da distribuire agli operatori, con grandi benefici fiscali annuali, la cui cifra supera i 3.500 €, per ogni operatore, con un mancato introito da parte dello Stato di alcuni miliardi. Quei fondi potevano essere utilizzati per implementare il fondo sanitario.La regionalizzazione nasce nel 2001 con la riforma del titolo V della costituzione, che per evitare le disuguaglianze si richiama all’articolo 120 che recita: “il Governo si sostituisce alle Regioni, alle Città Metropolitane, ai Comuni, per garantire la tutela dell’unità giuridica e dell’unità economica del paese, in particolare la garanzia dei LEA e dei LEP”. Articolo questo di contrappeso che prevede da un lato più potere alle Regioni, dall’altro l’intervento del Governo nel caso in cui non sono garantiti.
Le proposte. Riportare il “Fondo Sanitario” ora al 6,1% del PIL in più basso d’Europa, alla media della stessa, almeno al 7% del PIL, attingendo un minimo di 1/3 dell’evasione fiscale. Garantire i LEA in tutti i territori del nostro paese, partendo dall’”Assistenza Territoriale” che deve fare da filtro ed evitare il sovraffollamento dei Pronto Soccorso, i cui codici bianchi e verdi raggiungono in alcune Regioni, la Lombardia in testa il 90%, la Puglia circa l’80%, i più bassi sono quelli dell’Emilia Romagna, il 20%, che ha realizzato, sottolinea la Miotto, il più alto numero di “Case di Comunità” e “Case della Salute”, con la presenza dei medici di medicina generale e i vari specialisti. I medici di medicina generale devono essere formati con corsi universitari e non con quelli regionali, devono praticare esami semplici(ECG, Ecografie e esami ematochimici essenziali) il ricorso allo specialista non deve essere la normalità e devono essere dipendenti del servizio pubblico, per essere integrati nel sistema.La prevenzione primaria deve essere centrale per la tutela della salute. Con la prevenzione si deve tutelare la salute umana, animale e ambientale che vanno insieme. Le Agenzie regionali prevenzione ambientali (ARPA) devono far parte del SSN come la medicina veterinaria. L’attività libero professionale ( quella a pagamento) deve essere svolta all’interno delle strutture, non deve superare il 50% di quella istituzionale (previsto dal regolamento ma nessuno controlla)con un rapporto di lavoro deve essere esclusivo e a tempo pieno, obbligatorio per i Direttori di strutture complesse, ex primari. Le polizza assicurative individuali e gli accordi aziendali per l’assistenza (pagando una quota mensile sulla busta paga)non sono la soluzione al Servizio Pubblico e alle sue inefficienze, perché non garantiscono l’assistenza a tutte le patologie e selezionano i pazienti. Sulla sicurezza sul lavoro affidare le competenze al Ministero della salute, potrebbe esercitare maggiori controlli. La Miotti ha concluso che per poter realizzare questi obiettivi, bisogna organizzare iniziative di protesta in tutti i territori e superare la rassegnazione.