La presenza di Giuseppe, personaggio silenzioso ma attivo, descritto dagli evangelisti Matteo e Luca, è essenziale per comprendere l’infanzia di Gesù. Egli, discendente dalla stirpe di Davide, come Maria sua sposa, assicura che il bambino appartiene alla stessa famiglia davidica, come avevano annunziato i profeti.
Anche il popolo d’Israele conosceva la profezia sul Messia, come si esprimono più volte alcuni malati che chiedevano la guarigione: “Gesù, Figlio di Davide, donami la vista, liberami dalla lebbra, fammi camminare”.
Nell’entrata solenne a Gerusalemme Gesù cavalca un asinello mentre il popolo canta: “Osanna al Figlio di Davide”. Il legame tra Giuseppe e Gesù non è solo adottivo, ma di sangue per la loro parentela con il l’antico progenitore. I Magi vengono a sapere dagli Scribi, maestri della Legge giudaica, che il Messia sarebbe nato a Betlemme secondo il profeta Michea. In quel paese è indicata la nascita di Davide. Infatti il censimento, voluto dall’imperatore Augusto per tutti gli abitanti dell’impero, ordinava l’iscrizione nel luogo d’origine.
Giuseppe e Maria sono costretti a raggiungere Betlemme, dove nasce Gesù in quei giorni. Anche il Bambino è stato iscritto come figlio di Giuseppe. La sacra famiglia prima di ritornare a Nazaret deve rifugiarsi in Egitto per le minacce di Erode. Essa è guidata da Giuseppe, come è stato avvisato in sogno dall’Angelo. Egli è il responsabile, ritenuto padre per tutte le necessità famigliari. Sarà di nuovo l’Angelo ad avvisare Giuseppe che può ritornare in patria dopo la morte di Erode. Colui che guida la famiglia, stabilisce di ritornare a Nazaret, dove può riprendere il lavoro di falegname e sostenere la vita di Gesù e Maria. Egli accudisce alla crescita del bambino non solo fin quando raggiunge 12 anni, ma anche dopo da giovane e da adulto. Da ragazzo Gesù si nasconde a Gerusalemme durante il pellegrinaggio annuale, procurando preoccupazione ai suoi genitori. LO trovano nel tempio dopo tre giorni. Giuseppe rimane in silenzio, ma è la madre che chiede al figlio: “Perché ci hai fatto questo”?. Gesù pensava che potesse già iniziare la sua missione di predicatore.
Però capisce che non è opportuno per quell’età. Deve prima imparare a vivere in una società umana e crescere “in età, sapienza e grazia” (Lc. 2,52). Fino a 30 anni Gesù è con la famiglia. Dal padre apprende il mestiere dell’artigiano e contribuisce al sostentamento famigliare con una vita normale con gli incontri settimanali nella sinagoga, luogo di preghiera, di studio della sapienza biblica, di esperienza comunitaria.
Infatti i compaesani si meravigliano quando Gesù manifesta la sua sapienza nel presentarsi come il Messia.
Essi dubitano di lui e dicono:” Non è lui il figlio di Giuseppe”? (Lc. 4,22).
La devozione a san Giuseppe risale ai II secolo secondo gli scritti della chiesa primitiva e quelli apocrifi, che hanno ritenuto la paternità del Santo, essenziale per la vita di Gesù, fino alla morte avvenuta prima della vita pubblica del Figlio, iniziata con il battesimo ricevuto da san Giovanni Battista. Allora Gesù fu consacrato Cristo ufficialmente dall’apparizione di Dio Padre e dello Spirito Santo. L’opera protettiva di Giuseppe era terminata e poteva avere il premio dei Giusti. Così era considerato dai libri apocrifi, nei quali è narrata la sua morte, come una dormizione ritenendola una salita al cielo in anima e corpo. In tali scritti si legge: “Gesù raccontò agli Apostoli che Giuseppe si addormentò; né l’odore della morte né la sua corruzione regneranno su di lui, il suo corpo resterà integro e incorruttibile, raccomandando di celebrare con solennità il giorno festivo sacro nel suo anniversario”- Il racconto apocrifo non è una verità evangelica, ma manifesta una devozione popolare sorta dai primi secoli della Chiesa, ma più lentamente di quella di Maria SS. Il senso della fede dei cristiani spesso anticipa i riconoscimenti ufficiali della Chiesa.
Il culto di san Giuseppe già compare nell’800 in un martirologio delle Gallie. Si è poi sviluppato nei secoli XIV e XV. San Bernardino da Siena ne fu promotore. Pio IX, l’8 dicembre 1870, proclamava S. Giuseppe Patrono della Chiesa per difenderla dall’aggressione morale e culturale del suo tempo. Si raccontano apparizioni del Santo in Irlanda nell’agosto del1879, dove sorge un santuario nazionale in suo onore. Pio XI nel 1937 nell’enciclica “Divini Redemptoris”, emanata il 19 marzo, chiedeva protezione al Santo , “portinaio della casa di Dio”. Si afferma l’apparizione di tutta la famiglia a Fatima nel 1944, non riconosciuta ufficialmente dalla Chiesa, ma alimentava la pietà del popolo. Giovanni XXIII decretò nel 1962, durante il Concilio Vaticano II, di inserire nel canone liturgico della messa, il nome di san Giuseppe dopo quello di Maria SS. In Altamura la devozione a san Giuseppe coinvolge tutta la città dal 1632 invocandolo suo Patrono, dopo S. Maria Assunta in cielo.
Per riconoscenza tante famiglie invocano la sua intercessione e lo venerano con novene in casa e con la distribuzione del pane benedetto. Nella nostra Cattedrale l’artistica statua in marmo del 1654, della scuola di Bernini, rappresenta san Giuseppe che regge per mano il ragazzo Gesù, come se volesse assisterlo e accompagnarlo nel cammino della vita. Essa è situata sull’altare della cappella del SS. Sacramento dell’Eucaristia. La sua devozione è molto diffusa per i moltissimi Altamurani che portano il suo nome. A questi si aggiunge da un mese il nome del nostro Vescovo mons. Giuseppe Russo. La solennità di san Giuseppe è stata sempre celebrata in Cattedrale con la messa pontificale, mentre all’esterno viene onorato con la processione di una seconda statua per le vie cittadine.