La conferenza dibattito sulla sanità è l’ultimo incontro di “Dialoghi Altamurani”, lo ricorda Gennaro Clemente direttore del giornale nella sua introduzione, dei sette organizzati dalle associazioni Argomenti 2000, AMLeT, Confconsumatori e dal giornale cartaceo e online Altamura in dialogo. Gli argomenti trattati riguardano temi di grande attualità: comunità energetiche, ambiente e clima, educazione ricordando i 100 anni della nascita di don Lorenzo Milani, la pace ricordando l’impegno di don Tonino Bello, anche con uno spettacolo teatrale, i cristiani e la politica e la bellezza della donazione degli organi. La partecipazione è stata buona e il dibattito interessante. Il tema “La sanità è malata?” è stato svolto con un confronto tra il prof. Loreto Gesualdo, direttore di Struttura Compressa di Nefrologia e Dialisi presso il Policlinico di Bari e il Sen. Ignazio Zullo di Fratelli d’Italia, componente della 10^ Commissione, che si occupa di sanità. La moderatrice dott.ssa Daniela Storani di Argomenti 2000 ex segretaria dell’ISS (Istituto superiore sanità) ha introdotto il tema ricordando l’allarme per le condizioni post pandemia del nostro SSN che nasce 45 anni fa, nel 1978, in un clima politico molto difficile del nostro paese, tra stragi e terrorismo, ma di grande impegno civile e di lotte dei lavoratori, che hanno conquistato oltre alla prima riforma sanitaria, la legge 180 con la chiusura dei manicomi, la legge 194 sulla protezione della maternità, sul divorzio sullo stato sociale, statuto dei lavoratori. Quindi non solo anni di piombo di grandi conquiste dei lavoratori e delle lavoratrici.
Si passa da un sistema, quello delle Casse Mutue, ogni categoria di lavoratori aveva la propria, con il binomio assicurato assistito e con il principio dell’universalismo, ovvero del diritto di tutti i cittadini ad accedere ai servizi sociosanitari. Tutto in applicazione del diritto costituzionale, art. 32, alla tutela della salute. E’ certo un momento di grande crescita, ribadisce la moderatrice, del nostro paese e oggi si rischia di perdere questa essenziale conquista. Senza ombra di dubbio è il modello migliore del mondo, consapevolmente lo è ancora oggi, magari non lo è ovunque alla stessa maniera, ci sono differenze tra Nord e Sud del nostro paese, che sono segni di difficoltà di accesso al diritto alla salute. Ci sono tanti problemi. Le liste di attesa lunghissime, i pronto soccorso stracolmi con attese lunghissime, carenza di personale, ma soprattutto c’è il taglio dei finanziamenti, praticato da tutti i governi che si sono succeduti. Certo questo governo in termine assoluto ha aumentato i fondi, ma sul piano degli investimenti, lo dicono gli analisti, quello che conta è il rapporto con il PIL che nel 2025 si abbassa ulteriormente al 6%, tra i più bassi d’Europa e sicuramente il più basso tra i paesi più industrializzati, il cui PIL si attesta tra il 7, 7,5%, percentuale essenziale per rendere il sistema sostenibile. Di cosa ha bisogno il nostro SSN, di quali riforme e finanziamento? Il Senatore risponde che alla universalità e equità del sistema bisogna garantire la sostenibilità, con bisogni che aumentano, una popolazione che invecchia e con le risorse che sono finite. Tra bisogni infiniti e risorse finite dobbiamo trovare la quadra. Bisogna rivoluzionare il sistema che deve puntare sulla prevenzione, sugli stili di vita e sul controllo dei determinanti della salute intrinseci famigliarità, genetica e estrinseci livelli culturali, istruzione, solitudine, alimentazione, inquinamento ambientale. Bisogna potenziare anche la riabilitazione, per invecchiare nell’autosufficienza. Purtroppo siamo ancora nella mentalità ospedalocentrica e lontani dalla medicina territoriale. Dobbiamo pensare a un finanziamento finalizzato alla prevenzione, non deve entrare nel fondo generale. Il prof. Gesualdo. Piuttosto di sanità malata mi chiederei quale sanità vuole oggi il cittadino. Partirei dall’alleanza cittadini, operatori e politica. Ad oggi molte malattie che erano incurabili, si curano e hanno bisogno di tante risorse. Questo ci impone a ripensare ai modelli organizzativi. Molti operatori scappano dai servizi pubblici soprattutto dai Pronto Soccorso. Certo che bisogna investire in prevenzione e i decreti ministeriali (DM) devono essere unici tra ospedale e territorio. Centrale è il problema delle competenze e non è vero che ci sono pochissimi medici in Italia, partendo dalla mia branca, la Nefrologia, in Inghilterra ci sono 10 medici per milione di abitanti, in Israele modello avanzatissimo, 30 per milione, in Italia 60 per milione. Va cambiato il modello utilizzando non solo le competenze dei medici, ma di tutti gli operatori, pensiamo agli infermieri che devono affiancare il medico con proprie competenze nel percorso di cura e non sempre veniamo ascoltati dalla politica.
Quali i modelli da realizzare e con quali competenze? Il Senatore. Con il sistema di pagamento a prestazione, introducendo tecnicamente i DRG (sono strumenti tecnici per il rimborso delle prestazioni) per patologia, si sono ridotti i tempi di ricovero che rimangono legati alla sola patologia di entrata in ospedale. Alla dimissione per continuità avrebbe dovuto occuparsi il territorio che non lo fa e questo dimostra che il modello va cambiato. La riduzione delle giornate di degenza, di conseguenza ha portato alla riduzione del numero dei posti letto e degli ospedali che avrebbe dovuto potenziare il territorio, ma questo non è avvenuto. Spesso il paziente cronico ricorre in ospedale, per mancanza di assistenza sul territorio e non c’è appropriatezza né di cura né di salute. Il modello è quello di una valutazione di una equipe che deve essere multidisciplinare che deve elaborare un piano di presa in carico di assistenza globale. Tutto deve presupporre la costruzione di una rete di servizi che devono dialogare tra di loro. Il modello di organizzazione dipartimentale dovrebbe permettere un uso delle risorse in maniera flessibile, ovvero permettere ad altre specialistiche al suo interno, in caso di bisogno, di usufruirne. Razionalizzare le risorse per spendere meglio. Questi modelli chi li organizza chi li attua, chi li controlla, chi ne verifica l’efficacia e l’efficienza? Prof. Gesualdo. La persona deve essere vista nel suo insieme. Non deve essere presa in carico la persona, ma in cura in maniera olistica. Il futuro della sanità è “il viaggio del paziente”. Un paziente di oltre 70 anni con diverse patologie, sottolinea il prof. non può andare avanti e indietro prima dal proprio medico a farsi prescrivere le visite e poi dai diversi specialisti, non solo per le difficoltà di arrivarci, ma per i costi economici diretti e indiretti e umani, spesso non è autosufficiente e ha bisogno di essere accompagnato da chi, per farlo deve perdere giornate di lavoro. La risposta, quindi, è l’assistenza multidisciplinare, quello che avrebbe dovuto aver insegnato il covid, un rapporto non verticale, ma orizzontale tra gli specialisti utilizzando il sistema digitale finanziato dal PNRR. E’ la politica, alleata con i cittadini, gli operatori, alleati con l’Università che forma, che deve cambiare questi vecchi modelli organizzativi. Chi deve realizzare questi nuovi modelli e con quali risorse? Sen. Zullo. Il sistema della regionalizzazione ormai è consolidato, non si ritorna indietro. Lo Stato deve legiferare i LEA (livelli essenziali di assistenza) uguali per tutti i cittadini. Le Regioni hanno la competenza di organizzare i servizi per assicurare i LEA ai cittadini residenti. Questi servizi vengono finanziati dal fondo nazionale, ad ogni Regione viene assegnata una quota, quello che manca è il monitoraggio sulla rispondenza tra risorse assegnate e assistenza assicurata. Quindi le Regioni devono dar conto allo Stato. Chi deve modificare questi modelli? Il Sen. sottolinea che ci vuole un cambio culturale un’apertura all’innovazione da parte degli operatori per approcciarsi ai nuovi modelli e alle nuove tecnologie. Le Case di Comunità sono la risposta al bisogno di un’assistenza multidisciplinare. Tutto questo garantisce la sostenibilità del SSN. Le domande dal pubblico hanno riguardato i tempi di attesa e le diseguaglianze per smaltirle più in fretta attraverso l’uso dello strumento a pagamento, che cresce sempre di più non solo nel pubblico, ma anche nelle strutture accreditate. Sulla prevenzione, si fa solo quella secondaria perché quella primaria deve mirare a non far ammalare, partendo dalla tutela dell’ambiente e quindi guardando alla salute non solo individuale, ma globale. Si è sfiorato il problema dell’autonomia differenziata posta dal Sen Zullo che ha dichiarato di condividerla e che secondo la sua opinione può risolvere il problema delle disuguaglianze e delle lunghe liste di attesa, spronando le Regioni a governi più competenti a gestire i servizi.