In questi giorni sui giornali ed in TV si parla e si discute di due argomenti di grande attualità: la guerra tra Israele e palestinesi e la legge di bilancio dello Stato. Quest’ultima è la direttiva, la visione di paese che un governo cerca di ridisegnare. Aldilà che questo governo, non abbia una nuova visione di paese, che non è poca cosa, il problema che voglio affrontare è legato ad un dibattito sulla sanità, di cui mi occupo da più di quarant’anni, sui suoi problemi e soprattutto sugli investimenti e che in previsione della legge di bilancio, si fa fuorviante e riduttivo. Non si può semplificare e ridurre il tutto sul tema sanità pubblica e sanità privata, la quale ultima non esiste, è sanità accreditata (prima si chiamava convenzionata) coperta, pagata dai soldi pubblici. Certo il problema esiste e non è di poco conto, per il suo ruolo e soprattutto per come viene finanziata e non è ideologica la discussione, come dice qualche luminare interessato. Ritengo che il problema centrale sta nel concetto di salute, in che cosa s’intende per tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, come previsto dall’articolo 32 della nostra Costituzione. Parto prima da cosa prevede la legge di bilancio in sanità. Ha alzato la dotazione per la sanità di soli 3 miliardi di euro (di cui 2,3 destinato ai contratti) portandola realmente a 136 miliardi complessivi di spesa. Non si è tenuto conto dell’inflazione, della diminuzione della spesa sanitaria in rapporto al PIL. Ma sono stati aumentati i fondi per acquistare i servizi dalla sanità “privata”, adottate misure, art. 44 per ridurre gli incentivi di 28 centesimi a confezione alle farmacie per la vendita di farmaci generici (identici a quelli di marca con brevetto scaduto ma meno cari), a vantaggio delle grandi case farmaceutiche e a svantaggio dei conti pubblici e tasche dei cittadini, i quali sono costretti ad acquistare il farmaco con più alto costo. L’art. 45 prevede l’aumento della cifra per pagare gli straordinari ai medici del servizio pubblico, per ridurre le liste di attesa. Il punto non è quanto vengono pagati, ma la forte carenza di medici e non sono previste assunzioni. L’art.46 prevede che il servizio pubblico può rivolgersi alle strutture “private”, aumentando i fondi allo sopo (123 milioni nel 2024, 368 nel 2025 e 490 nel 2026). Anche su questo problema la spinta verso il “privato” è sempre più forte, dal momento in cui ha assorbito, com’è successo in Puglia lo scorso anno, la quasi totalità dei fondi stanziati. Con l’art. 47 si fa un altro regalo ai “privati”: le Regioni che fanno maggiore ricorso ai “privati”, non subiranno più nessuna penalizzazione, rispetto a quanto avveniva prima in base a un criterio di appropriatezza. Ma i problemi vengono da lontano. Tra il 2010 e il 2019 vengono tagliati al SSN (servizio sanitario nazionale) 37 miliardi, nel quinquennio 2010/2015 sono stati tagliati 25 miliardi per migliorare i conti pubblici. Altri 12 miliardi sono stati tagliati tra il 2015 e il 2019. Nello stesso decennio si riducono da 410 a 350 ogni 100 mila abitanti. I posti in terapia intensiva diventano la metà di quelli della Germania. Con la pandemia i fondi aumentano in due anni di 11 miliardi, ma servono per maggiori spese per l’emergenza, non ci sono miglioramenti organizzativi e strutturali. I dati più recenti. Oggi la spesa per la sanità pubblica è scesa al 6,6% del PIL, sotto la spesa media dell’OCSE, 4 punti meno della Germania. I medici di base a disposizione sono 68 ogni 10 mila abitanti, in continuo calo rispetto alla media UE. La spesa pubblica nel 2022 pro capite, in migliaia di dollari nei paesi OCSE: USA 10; Germ. 7; Norvegia 6,8; Francia 5,5; Regno Unito 4,5; Italia 3,20. Rispetto al PIL nell’anno 2022 la media OCSE è di 7,1%, quella della UE 7,1%; Usa 14%; Germ. 11%; Francia 10%; Regno Unito 9%;; Spagna 7%; Italia 6,8%. Sono 13 i paesi europei che in percentuale al PIL investono più dell’Italia. A partire dal 2023 la spesa pubblica rispetto al PIL nel nostro paese è calata al 6,6%; al 6,2 nel 2024 e 6,1% nel 2025. Da questi dati si evince chiaramente che prosegue la demolizione della sanità pubblica, la corsa verso la privatizzazione è inarrestabile, mai dichiarata, ma praticata, con visite ed esami prenotati in tempi lunghissimi, con l’utenza che accetta passivamente in un sistema subdolo e un processo che sembra sempre più ineludibile. Il concetto di salute.
La salute non è assenza di malattia. Anche il concetto di salute definito dall’OMS come benessere psico fisico è un concetto riduttivo ampiamente superato. Per tutela della salute, si deve intendere la salute globale, collettiva, partendo da quello che ci circonda, che fortemente ci condiziona e mina il nostro stato psico fisico. La ricerca ha dimostrato che la percentuale di malattie causate da fattori endogeni è bassissima e che le cause maggiori stanno nell’ambiente in cui viviamo, con quello che ci nutriamo. Un ambiente malato, un pianeta malato, fa ammalare anche noi. Vanno bene gli stili di vita, ma se milioni di persone, nel nostro paese per motivi economici si nutrono di prodotti spazzatura, per il basso costo, parlare di stili di vita è insufficiente, se nel campo agricolo si fa sempre più uso di pesticidi molto nocivi per la salute umana. Se non cambiamo modelli di produzione, se non cominciamo almeno a ridurre gli allevamenti intensivi, non solo per i danni ambientali, ma anche per come vengono trattati gli animali, macellati e poi somministrati a noi umani(anche se c’è poco da sottolineare di umano). E’ rispetto a questo concetto di salute che va organizzata una nuova sanità, con una terza riforma. Il problema delle lunghe liste di attesa, è un problema, ma non il problema. Un volta che il paziente, soprattutto quello con diverse patologie, viene visitato, chi poi se ne prende carico, con i servizi al collasso, carenti di personale? Ormai è diventato solo un fenomeno di consumismo sanitario, perché le strutture accreditate vengono finanziate in base al numero di visite e di interventi che fanno, con un meccanismo che premia la quantità, il numero e mai la prevenzione. Non si può tutelare il diritto alla salute senza fare prevenzione primaria, della quale quasi mai si parla e si deve partire dai territori dove nasce e prolifera la malattia. Ma spesso la medicina del territorio o di base è insufficiente o quasi inesistente e non riesce a fare né prevenzione né a prendersi carico dei pazienti. Frattanto è scoppiato un nuovo fenomeno. L’Arabia Saudita con i petroldollari prima ha iniziato ad acquistare i calciatori a cifre astronomiche, ora sta assumendo soprattutto medici e infermieri italiani, pagandoli anche cinque volte di più di quanto guadagnano in Italia, trasporti alloggio e due viaggi aerei annuali, tutto compreso. Gli ospedali dove lavorano sono da favola, con piscine, sale benessere, palestre, tutto gratis. Con la riforma pensionistica che penalizza i medici, a breve si assisterà a centinaia di dimissioni, che si aggiungeranno a questa fuga verso il nuovo eldorado arabo.
Michele Lospalluto.