La centralità della cultura nella politica del nostro paese e quindi dei territori è fondamentale, l’ho scritto più volte, anche se spesso è una parola molto abusata e per questo vuota. Il grande limite della politica sta nel guardare alla cultura solo unico fine, che è quello del processo di valorizzazioni dei nostri beni culturali, spesso lo si fa anche in maniera sbagliata. E’ certo importante questo percorso, rigenera il luoghi e i beni di un territorio, li fa conoscere, li rende attraenti con l’arrivo di turisti e mira alla crescita economica del territorio. E’ fondamentale, però, ricordare quanto recita la nostra Costituzione: la cultura è un diritto fondamentale che mira allo sviluppo della persona umana, all’integrazione sociale e alla crescita economica. La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica…La realtà ci dimostra che la cultura è negata ai molti e che se fosse promossa, cambierebbe la vita di tutti noi. La cultura è presa di coscienza dei propri diritti e dei propri doveri, è presa di possesso della propria personalità, di una coscienza superiore. In un momento così critico e difficile, la politica deve essere in grado di capire l’importanza di questa presa di coscienza che è l’unica via per una crescita culturale e intellettuale. Nei nostri territori, a partire dalla nostra città, non si parla quasi mai di giovani, della loro disgregazione e emarginazione, del loro disagio sociale. Nessuno si occupa del fenomeno dell’abbandono scolastico che spinge sempre di più sacche giovani verso l’emarginazione sociale e verso la droga, della quale si fa finta che non esiste.
Queste sono le piaghe del Sud più del Nord, ma le agende politiche sono sempre senza appunti, senza un segnale. Gli spazi di aggregazione sono insufficienti, ma spesso inaccessibili, non c’è mai stata, nonostante la nomina di assessori al ramo, una politica mirata verso i giovani. Certo il suo percorso di crescita, in particolare dei giovani e non solo, passa attraverso l’investimento in cultura, ma non in quella “effimera” e “consumistica”, legata solo all’obiettivo di attirare turisti negli alberghi, nei ristoranti o B&B. C’è bisogno di partecipazione dei cittadini per decidere sulle scelte che devono incidere in maniera duratura sulla trasformazione del livello culturale e civico, sulla qualità della vita, sulla trasformazione del tessuto socio-economico, su uno stato sociale che deve scongiurare assolutamente il suo peggioramento evitando l’aumento del costo della vita per i residenti, a causa della massificazione e commercializzazione del turismo. Questi sono processi che devono durare nel tempo. Il caso dovrebbe condurci a un cambiamento vero. A meno che vogliamo trasformare quello che resta del nostro mondo arcaico territoriale in un resort di lusso, o la nostra comunità, cioè la nostra vita quotidiana in un marchio commerciale?
Michele Lospalluto