Fino a qualche decennio fa l’energia per cucinare e riscaldare la casa non proveniva dai combustibili fossili in uso adesso (gasolio, metano, etc.), ma dalla legna e dal carbone di origine vegetale. Quelli che non riuscivano a procurarseli direttamente dalla campagna, si rivolgevano a venditori ambulanti, tra i quali era molto caratteristico il carbonaio, u caurnarulə. Egli girava per le vie del paese spingendo un carretto, la trainettə, sul quale aveva caricato tanti sacchi di carbone e carbonella, i carvunə e la carvuneddə.
Vendeva il carbone a peso: poneva in un sacco od in una cesta la quantità richiesta e la pesava con la stadera, la statajə; invece vendeva la carbonella a volume: poneva la quantità richiesta in un recipiente di forma cilindrica, il tomolo, u tummə, e la usava come unità di misura. Nel fare queste operazioni di pesatura e di travaso, sollevava tantissima polvere che gli anneriva la faccia e le mani: i bambini ne avevano paura, tanta da nominarlo l’uomo nero, l’ommə gnurə
La cucina di allora era chiamata “a culo di monaco”, a culə də monəchə, ed era fatta in muratura, con rivestimenti più o meno rifiniti; nella versione più semplice consisteva di soli due posti, uno per la caldaia, la callerə, dove cuocere la pasta, l’altro, la fornacetta*, la furnaceddə, dove cuocere legumi, sughi e frittate; entrambi i posti erano fatti ad incasso in modo che la pentola entrasse giusta a misura e che il fuoco ne scaldasse sia il fondo, sia i fianchi (il calore veniva sfruttato molto più efficacemente di come avviene nei moderni fornelli a gas che si limitano a scaldare solo il fondo).; una versione meno economica era la cucina a vapore, la cucinə a vaporə, che si caratterizzava dal fatto che erarivestita con mattonelle, solitamente bianche.
Ebbene, sotto la caldaia veniva accesa la legna, per avere un fuoco molto vivo, invece sotto la fornacetta* veniva accesa la carbonella, per avere un calore più moderato e costante. A fine cottura, veniva raccolta la brace ancora accesa e veniva posta nello spegnifuoco*, u stutafuechə; questo era un recipiente metallico che, una volta chiuso il coperchio, privava la fiamma dall’ossigeno dell’aria e tramutava la brace in carbonella, riutilizzabile successivamente.
Per il riscaldamento veniva usata principalmente la carbonella, in una forma molto semplice: la si accendeva in un braciere generalmente di rame con bordo in ottone, la frascerə, che, inserito in un’apposita piattaforma circolare (di legno o a volte di ferro), chiamato u puetə də la frascerə, veniva posto all’interno della stanza; serviva sia al riscaldamento generale (scarso, in verità) sia al riscaldamento dei piedi e delle gambe delle persone che vi si sedevano attorno. La carbonella era usata anche per riscaldare le lenzuola nel letto di casa: si poneva un po’ di carbonella accesa nello scaldaletto, u scuafalittə, (oppure nello scaldino, u stascianiddə), si poneva quest’ultimo dentro un mobiletto, u mònəchə, e si infilava il tutto all’interno del letto da scaldare; l’insieme era concepito in modo da evitare che le lenzuola prendessero fuoco: lo scaldaletto era un recipiente rotondo in rame con manico di legno (usato anche per stirare i panni e le lenzuola) e veniva adagiato nell’apposito piano del mobiletto; a sua volta il mobiletto era completamente in legno, fatto in modo tale da lasciare ampio spazio tra la carbonella accesa e le lenzuola.
ETIMOLOGIE PAROLE ALTAMURANE
accurcè accorciare [dal latino ad curtare]. •Volèssәnә accurcetә i mànәchә a chessa cammisә, bisogna accorciare le maniche a questa camicia.
aciomә flagellato, perseguitato [dal latino ecce homo del vangelo di Giovanni]. •Stochә aciomә com’a Cristә, sono torturato come Cristo.
addau 1-dove [dal latino unde]. 2-dovunque. •Addau tә nә ve? Dove te ne stai andando? •Addau ja jè, dovunque sia. •Addau sә jàcchja jàcchjә, dovunque si trovi. •Sә sepә addau sә nasscә e nan zә sepә addau sә morә, si sa dove si nasce e non si sa dove si muore, nessuno conosce il futuro
addiscә addire, essere conveniente, confarsi [dal latino addicere]. •M’addiscә chessa scollә che chessa cammisә? Mi va bene questa cravatta con questa camicia?
addùbbjә (l’) anestesia [dal latino ad opium, trattato con oppio].
addumurè tardare, ritardare [dal latino ad demorari]. •Carlinә addumurò do jorә, Carletto ritardò 2 ore. Sin attrassè.
addunè accorgere [dallo spagnolo adonarse]. Rifl addunarsә. •Nan tu pozzә dè sә no tatè sә n’addonә, non te lo posso dare altrimenti papà se ne accorge. Sin avvertә.
adduwuè riprendere a fare le uova da parte della gallina, dopo una certa pausa nell’anno [dal latino ad ovum]. Vedi cuwè.
adenzә (l’) ascolto, udienza, retta [dal latino audiens]. •Nan mә dè adenzә, non mi dà ascolto, retta.
aducchjè adocchiare con desiderio e interesse, ad es. una donna [dal latino ad oculos]. Vedi ècchjә.
affamuliè affamigliare [dal latino ad familiam]: trattare come uno di famiglia (detto di persona o di animale preso in casa). Rifl affamuliarsә, diventare come uno di famiglia.
affracchìvәlә persona che si rimpinza di tutto e con buon appetito [dal latino ad farcire, riempire alla rinfusa, cacciar dentro].
affruttucuè rimboccare le maniche [dal latino affulcire, sostenere, non lasciar cadere]. Rifl affruttucuarsә. •S’affrәttucuò i mànәchә e sә mәttì a fatәjè, si rimboccò le maniche e si mise a lavorare. Contr sfruttucuè.
affucuè affogare [dal latino ad faucem, alla gola], strozzare. Rifl affucuarsә.Sin nәchè. Vedi strafucuarsә.
aggruwè aggravare [dal latino gravis, pesante], appesantire, inasprire. Rifl aggruwarsә. •Tegnә la vàuscә aggruwetә, ho la voce rauca. •Mә sendә u corә accruwetә, mi sento il cuore oppresso.
Vito Ciccimarra
Lillino Calia