Il popolo della Murgia marcia di nuovo per la pace e per la solidarietà tra i popoli
La guerra attualmente in corso in Ucraina, manifesta, come tutte le guerre, la forma più crudele di violenza di cui sono capaci gli esseri umani. Di fronte a questa immane tragedia abbiamo tuttavia il dovere di mostrare, innanzitutto e in concreto, la solidarietà con tutte le vittime civili e tentare, per quanto difficile sia, una necessaria conoscenza delle cause che l’hanno provocata.
Al di là di un rifiuto quasi generalizzato e astratto di questa guerra, infatti, anche nel variegato arcipelago di pacifisti e antimilitaristi che vi si oppongono, permangono posizioni e sfumature tra le più diverse che testimoniano, se non altro, la difficoltà di possibili condivisioni di analisi e di valori.
La pluralità delle posizioni in campo, potrebbe rappresentare persino una ricchezza di fronte ad un pensiero unico che sembra regnare nel mondo globalizzato e neoliberista da più di trent’anni, se non si corresse il rischio di sottostimare il pericolo che le tensioni in atto potrebbero crescere fino ad innescare una guerra su più vasta scala con l’utilizzo di armi nucleari.
Il territorio murgiano, è bene rammentare, è stato il primo in Europa occidentale ad ospitare le bombe nucleari americane nelle 10 basi missilistiche Jupiter tra il 1959 e il 1962. Missili puntati verso l’allora Unione Sovietica e, al tempo stesso, bersaglio prioritario dei missili russi durante la cosiddetta Guerra Fredda. Anche allora si arrivò sull’orlo di un precipizio nucleare disinnescato all’ultimo minuto durante la Crisi di Cuba.
Per questo la volontà di pace del popolo murgiano si esprime con forza contro l’occupazione militare voluta dal governo russo di Putin nei confronti dell’Ucraina e si ricollega, non solo idealmente, alle tante battaglie condotte contro i missili prima e poi contro i poligoni militari e altre forme di degrado, sino ad oggi con l’opposizione contro l’ipotesi di collocare nel territorio murgiano il deposito unico nazionale di scorie nucleari.
Per questo l’invocazione di pratiche non violente, la contrapposizione ad ogni forma di nazionalismo dettato dalla volontà di potenza, la difesa del paesaggio così come dei diritti e del lavoro, per ogni donna e uomo, in ogni continente, rappresentano gli obiettivi principali di una lotta ancora in corso.
Una lotta che ha sempre favorito, sulla Murgia, larghe convergenze, sorrette dalla forza e dalla passione di giovani e meno giovani, da lavoratori e da lavoratrici. E come allora echeggiarono le parole di don Tonino Bello contro la guerra e le servitù militari, così oggi quelle espresse dal Vescovo e presidente nazionale di Pax Christi, mons. Ricchiuti, esprimono con chiarezza la stessa volontà: contro ogni forma di militarismo e per la solidarietà con le popolazioni civili, sia russe che ucraine, che subiscono loro malgrado l’orrore della guerra.
Una guerra che è stata alimentata da diversi fattori, a partire dalla disintegrazione della società sovietica (1989), dalla quale sono emerse uno dopo l’altro un coacervo di nazionalismi poveri, aggressivi e rancorosi: quello ceceno, quello ucraino, e nell’impero esterno, il nazionalismo ungherese, polacco, lituano, lettone eccetera. Ma sopra tutti il nazionalismo russo.
Dall’altra parte, gli Stati Uniti e il campo euro-atlantico, stanno spingendo in violazione degli accordi internazionali per l’espansione orientale della NATO.
Per questo non possiamo accettare senza riserve, da parte dei governi occidentali l’invio in Ucraina di “armi speciali”, come aerei e missili, in quanto quelle convenzionali sono già e continuano ad essere trasferiti in Ucraina; tantomeno possiamo accettare l’incremento delle spese militari da parte dell’Italia e degli altri stati dell’Unione Europei.
Il nostro dovere impone l’organizzazione e il rafforzamento del movimento internazionalista che invoca la fine della guerra, che costringa i governi europei ad agire con il massimo sforzo diplomatico verso una possibile mediazione, convinti come siamo, che “il sangue è il peggiore nemico della verità”.