Sullo sviluppo e promozione della cultura, senza far retorica, non è il mio stile, voglio fare una premessa, ricordando quello che dice la nostra Costituzione: è un diritto fondamentale che mira allo sviluppo della persona umana, all’integrazione sociale e alla crescita economica. La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica….La realtà ci dimostra che la cultura è negata a molti e che se fosse promossa, cambierebbe la vita di tutti noi. Ma quel che è peggio, sta nel concetto di promozione, che ne stravolge il suo contenuto. Tutto viene ricondotto, tutti gli sforzi sono concentrati sulla tutela e valorizzazione(quando si fa di palazzi, chiese, opere d’arte), tutto si fa in funzione del binomio cultura-turismo(certamente importante per l’economia del nostro paese), ma poco, pochissimo per cultura-sviluppo. La nostra città non è certamente immune da questa stortura. Se lo scopo della cultura è la creazione di un cittadino attivo, critico e consapevole(come sintetizza spesso il poeta Smaldone: è l’abitare i luoghi in maniera consapevole), la cui qualità della vita sia migliore grazie all’arricchimento fornito dai prodotti della letteratura, delle arti, del cinema, la base di partenza di tutto questo, però, è la lotta contro l’analfabetismo funzionale(perdita del mantenimento e dello sviluppo dell’abilità di lettura,scrittura e calcolo). Le persone hanno bisogno di entrare in posti dove fanno esperienze nuove, occorre che i nostri beni culturali, spesso abbandonati, diventino luoghi dove si realizzano nuovi processi culturali, che siano contemporaneamente culturali, sociali e anche case della salute, banche del tempo per costruire rapporti di solidarietà tra persone. Bisogna costruire insieme ai cittadini, strutture nelle quali si identificano come cittadini di quartiere, trovano servizi e si trovano bene e accolti. Ci sono tantissimi esempi, nel nord del nostro paese e nel nord d’Europa. Ma il governo della nostra città, l’assessore alle culture, non hanno un piano culturale, né di medio, né di lungo periodo. Sul programma elettorale sono riportate poche righe solo come tema delle politiche giovanili: “riattivazione immediata del laboratorio urbano giovanile Port’Alba”, “Affidamento in gestione degli spazi e dei beni destinati ad attività culturali, sportive a cooperative e associazioni del territorio”, “Realizzazione di aule studio”. In tre anni nulla è stato realizzato, alcune di queste strutture vivono nel degrado. Altro tema fondamentale, quello della “democrazia digitale”. Nel nostro paese stiamo facendo enormi investimenti nei servizi on-line, per esempio la cartella sanitaria,le multe da pagare, i certificati, purtroppo abbiamo una popolazione che insieme alla Germania e Giappone è la più vecchia del mondo e possiamo pensare di farli diventare cittadini digitali utilizzando la “Biblioteca di Comunità Agorateca” per alfabetizzarli nelle operazioni minime, aprire una cartella di posta elettronica, pagare le utenze. Insomma i nostri beni culturali, devono confrontarsi e soddisfare questi bisogni, devono essere dei luoghi dove i cittadini devono sentirsi dei protagonisti. In questi spazi bisogna attivare una “biblioteca vivente”, dove i libri sono le persone che consapevoli di appartenere a minoranze soggette a stereotipi e pregiudizi(rom,omosessuali,musulmani ), si rendono disponibili a discutere le proprie esperienze e i propri valori con altri. Per costruire questi spazi e realizzare questi progetti, necessita il contributo delle associazioni e dei cittadini, con cui confrontarsi. Ma in una città nella quale non c’è il diritto di cittadinanza delle associazioni, mancano gli strumenti della partecipazione alla vita pubblica, questa maggioranza non è riuscita ancora ad approvare il regolamento per partecipare alla consulta delle associazioni, parliamo di “Democrazia partecipativa”, limitata, parziale, che non ha nulla a che fare con quei processi di “democratizzazione del territorio”, tanto voluti e realizzati dal padre della psichiatria Franco Basaglia, finalizzati a rendere protagonista la periferia, a far emergere, a far contare gli esclusi, gli emarginati, in un processo di crescita e sviluppo di una comunità. Una cultura, un processo culturale, centralizzato, che non si diffonde in periferia, che non si porta in periferia, rischia di diventare elitaria. Che dire poi del “polo museale” dell’Umo di Altamura, affidato alla gestione di Coopculture? E’ sotto gli occhi di tutti il fallimento dal punto di vista, informativo e promozionale, certo prima della pandemia.
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