NO ALLE Scorie Radioattive sulla Murgia
Piero Castoro è docente di storia e filosofia presso il Liceo Classico di Altamura. E’ stato uno dei fondatori del Centro Studi Torre di Nebbia con sede presso la Masseria Martucci nato nel 1988 con il progetto di costruire un osservatorio permanente sul territorio dell’Alta Murgia barese, Diverse sono le pubblicazioni sul tema. Ha fatto parte dei Comitati Alta Murgia (CAM) che da più di trent’anni si battono contro i poligoni di tiro, contro la militarizzazione del nostro territorio e sono stati i protagonisti per la realizzazione del Parco Rurale Nazionale dell’Alta Murgia.
La Sogin società di Stato, qualche giorno fa ha pubblicato la “Carta Nazionale delle aree potenzialmente idonee”, (CNAPI) nella quale sono previste come aree di deposito di rifiuti radioattivi , la zona murgiana e alcune zone della Basilicata. Con quale criterio specifico sono state scelte, oltre a quello più generale delle aree e classi?
Come è ormai noto, in ottemperanza al Decreto Legislativo n.31 del 15 febbraio 2010 e successive modificazioni, la Sogin ha elaborato la proposta di Carta delle Aree Potenzialmente Idonee (CNAPI), individuando 67 aree classificate secondo un ordine di priorità (idonee “molto buone”, “buone”, “insulari” o “sismiche”). All’interno di queste aree potranno essere individuati uno o più siti da sottoporre, successivamente, a indagini ulteriori per qualificarne l’idoneità ad ospitare il Deposito Nazionale per i rifiuti radioattivi. Tali aree sono state individuate tenendo conto della Guida Tecnica n. 29 dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) ed utilizzando, almeno così dichiarano, “dati pubblici validati e omogenei sul territorio nazionale”. In sintesi nella carta si individuano 15 ”Criteri di Esclusione” (CE) e 13 “Criteri di Approfondimento” (CA). Le successive fasi di approfondimento dovrebbero, infine, individuare il sito più idoneo tra tutte le aree interessate. È necessario sottolineare come le relazioni tecniche che descrivono le aree ritenute idonee presentino non pochi limiti e altrettante criticità. Solo per fare alcune esempi relativi alle aree murgiane: una è collocata al confine del Bosco Difesa Grande di Gravina (una dei siti più ricchi di fauna e biodiversità dell’intera Regione), altre si collocano a pochi chilometri dei tre parchi (Alta Murgia, Murgia materana e Parco delle Gravine di Ginosa e Laterza…), un’altra a soli 120 metri dai SIC (Superficie di Interesse Comunitario) e ZPS (Zona di Protezione Speciale). Per non parlare di sismicità e di presenze idrografiche importanti sia superficiali che sotterranee…
Il fronte del NO Al DEPOSITO da quali organizzazioni è formato? Perché contesta il ruolo della Sogin e la sua non trasparenza?
Ad aprire la discussione intorno a tale problema sono state innanzitutto le associazioni “storiche” del territorio, sia pugliesi che lucane, coloro cioè che furono protagonisti della grande mobilitazione di Scanzano Jonico e delle marce Gravina-Altamura dei primi anni del 2000. A queste si sono aggiunte altre associazioni territoriali, ma anche organizzazioni di categoria, sindacati, forze politiche e Amministrazioni locali (Enti parco, Comuni, Regioni di Puglia e Basilicata). Molte tra le associazioni presenti contestano, e non da oggi, il ruolo che la Sogin ha avuto fin dall’anno della sua istituzione (1999). Una società poco trasparente, che ha dato prova di una pessima gestione dei notevoli fondi ricevuti negli anni e che continua a ricevere attraverso la voce ingannevole (“oneri di Sistema”) presente nelle bollette elettriche di tutti i contribuenti italiani. Non solo si fa riferimento ai non pochi incidenti verificatosi nei siti di depositi temporanei che questa società gestisce in assoluta segretezza ma, soprattutto, perché ha pensato di procedere allo smantellamento delle vetuste quattro centrali italiane chiuse dopo il referendum del 1987, non in modo “differito” come avviene nei Paesi con più esperienze nella gestione nucleare, bensì attraverso lo “smantellamento accelerato”, ovvero invece di aspettare 70-100 anni prima di mettere mano allo smantellamento, sono pronti a farlo in molto meno tempo (sic!). Per chi volesse approfondire la conoscenza dei trascorsi della Sogin, rimandiamo alla Pagina Fb: Altramurgia dove pubblichiamo un documentato dossier, oppure il documentario L’uranio, il cinghiale e la zanzara (1-3) a cura di giornalisti lucani presente su You Tube.
Dire No AL DEPOSITO sulla base di quali motivi e osservazioni che saranno presentate entro i primi di aprile?
In realtà i 60 giorni di tempo disponibili per elaborare le osservazioni scadranno il 3 di marzo. È evidente che anche l’ufficializzazione della CNAPI il 5 gennaio è equivoca: in piena pandemia e con una crisi di governo in corso… A questo va aggiunto il fatto che la documentazione completa non è disponibile se non ci si reca fisicamente nei siti della Sogin (quelli a noi più vicini sono a Caserta e a Roma). A parte la difficoltà di discutere in presenza o di recarsi, con le prescrizioni anti- Covid, in quei luoghi, tutta la procedura è di fatto poco trasparente: hanno avuto molti anni a disposizione per aprire il dibattito e ora bisogna fare in fretta per studiare molte carte e, eventualmente, fare le osservazioni in soli due mesi di tempo. Inoltre a valutare quest’ultime non vi è un organismo istituzionale terzo ma sarà sempre la Sogin cui spetta il compito di progettare, costruire e gestire il deposito unico. Comunque, al di là di tali non piccoli problemi (da più parti si sta richiedendo al Ministero dell’Economia una proroga dei tempi). Stiamo cercando di fare quello che dobbiamo e possiamo fare, usando la rete dei social, formando gruppi di lavoro con esperti conoscitori dei luoghi per elaborare delle puntuali osservazioni sulle tante criticità rilevate. Oltre a questo lavoriamo per formare una rete più ampia possibile e, soprattutto, informare correttamente le comunità che di questa vicenda sembrano avere, quando va bene, solo briciole di informazioni televisive… Insomma, al di là delle questioni tecniche, il dato più preoccupante è che, ormai da molti anni, Regioni Puglia e Basilicata, Unione Europea, Enti locali e operatori economici e altri settori legati al turismo hanno investito su ambiente, biodiversità, agricoltura biologica.., tutto in funzione di una sviluppo durevole. Tutto questo è incompatibile con l’ipotesi di allocare in queste zone un deposito di scorie nucleare.
IL DEPOSITO prevede anche un PARCO TECNOLOGICO, con un centro di ricerca nel campo della gestione dei rifiuti radioattivi e dello sviluppo sostenibile del territorio. Potrebbe essere questa una buona occasione di crescita del nostro territorio murgiano?
Dobbiamo essere molto franchi sulla questione: l’Italia possiede circa 150 mila metri cubi di materiale radioattivo, di cui 15 mila di terza categoria (la cui emivita di calcola in centinaia e migliaia di anni. Nessun luogo del territorio nazionale, per le condizioni geomorfologiche del suolo, potrebbe ospitare, in sicurezza, un tale deposito. Si deve, invece, discutere la questione con altre nazioni europee che ne possiedono molte di più e ne producono, a differenza dell’Italia, ancora oggi. L’Europa (e l’Italia lo ha sottoscritto) ci dice di mettere in sicurezza i ventidue siti di deposito temporaneo di scorie nucleari presenti sul territorio nazionale (di cui l’80% nelle regioni settentrionali). Non ci obbliga alla costruzione di un unico deposito. Il fatto è che in Italia, nonostante il referendum con il quale la quasi totalità degli italiani dissero No a quella sciagurata avventura, vi è una potente lobby nucleare che, intanto vorrebbe dar vita a questo progetto di miliardi di euro…, e poi chi vivrà vedrà. Il parco tecnologico è solo uno specchio per le allodole. Bisognerebbe invece investire nella ricerca nei tanti istituti e laboratori eccellenti presenti in Italia dove già non si fa nulla per sostenere i ricercatori precari che non di rado emigrano per mancanza di fondi e di investimenti adeguati. La posta in gioco è alta e dobbiamo impegnarci, a partire dal ruolo che ognuno riveste, per scongiurare mediante la conoscenza e il confronto che altri, magari camuffati da grandi “scienziati” , decidano un triste destino per il nostro territorio e per le generazioni che verranno.