Intervista ad una operatrice dello sportello d’ascolto Cav “LiberaMente”
In occasione della giornata nazionale contro la violenza alle donne quale migliore modo di affrontare il problema far parlare chi ha “ le mani in pasta” e vive giornalmente questa problematica. Abbiamo posto alcune domande alla dott.ssa Claudia Quattromini, Operatrice sportello d’ascolto Cav “LiberaMente” convenzionato con il comune di Altamura
Perché aprire un centro antiviolenza?
Le notizie inerenti a violenze subite a danno di donne, dai femminicidi agli orfani speciali sono all’ordine del giorno. È difficile pensarlo, ma anche il nostro territorio è investito da questa problematica socio-sanitaria. I CAV nascono per dare uno spazio a tutte le donne che non hanno voce per poter gridare la propria sofferenza, ma soprattutto per dare un segno di speranza che dalla violenza ci si può liberare. Il nostro, era uno degli ambiti territoriali sprovvisto di un servizi ad hoc per questa tematica e data la densità della popolazione e l’emersione del fenomeno, nonché data la nostra esperienza pluriennale nell’ambito della gestione di strutture di aiuto alle vittime di violenza, abbiamo ritenuto utile metterci al servizio della comunità e dunque aprire il centro antiviolenza.
Quali sono i servizi che offre il Cav LiberaMente?
Tutti i servizi erogati sono gratuiti: l’ascolto e/o accoglienza telefonica attiva h/24 attraverso il nostro numero 3391288500, in cui viene compresa la richiesta di aiuto, segue l’attività di ascolto presso lo sportello dove avviene la vera e propria presa in carico della vittima. È possibile attuare dei percorsi di supporto psicologico, consulenze legali civili e penali, orientamento all’inserimento lavorativo e all’autonomia abitativa, nonché di protezione collaborando con le strutture protette.
Cosa ci puoi dire delle caratteristiche socio-anagrafiche delle donne che chiedono aiuto
La violenza è un fenomeno altamente trasversale, non direttamente collegata all’età, alle specifiche condizioni economiche, allo status sociale, o educativo della vittima e/o del maltrattante.
E qual è il motivo principale per cui le donne si rivolgono a voi?
La violenza (intra ed extra familiare) si esplica in diversi modi: fisica, psicologica, verbale, economica, sessuale, stalking ed assistita. Nella maggior parte dei casi gli autori delle violenze sono i loro partner o ex partner.
Una volta contattato il centro antiviolenza, le donne fanno denuncia?
La querela può rappresentare uno dei primi passi per la fuori uscita della violenza. È bene che la vittima, però, abbia raggiunto una buona consapevolezza degli abusi subiti, che si senta pronta ad affrontare i vari percorsi che seguono la denuncia dei fatti. Sì, può avvenire ma non è necessario e in ogni caso noi rispettiamo i tempi e le volontà di ogni donna.
Le limitazioni alla libertà individuale imposte dal virus che cosa hanno determinato per la donna vittima di maltrattamento in famiglia?
Il lockdown ha peggiorato quelle situazioni che già erano precarie. La casa, molte volte vista come già luogo di pericolo per molte delle nostre vittime, con la presenza del maltrattante diventa una prigione. Il chiedere aiuto diventa più difficile ed il solo “ribellarsi” ad un gesto, ad una parola diventa difficile per paura delle ripercussioni, il non recarsi fisicamente al cav come una perdita della libertà che pian piano stava ritornando. La situazione, con il virus, era e resterà complicata per le vittime di violenza. C’è un messaggio di speranza che vuole comunicare?
Le condizioni che il virus ha generato ci ha dato modo di poter riflettere su quanto forte possa essere il sentimento di resilienza e riscatto che dimora di ogni donna. Se si vuole è possibile uscire dal ciclo della violenza. Noi ci siamo e continueremo ad esserci.