L’etimologia della parola adolescente deriva dal latino “adolescens”, participio presente di adolescere composto da ad (rafforzativo) e alere (nutrire).
Per noi mamme, più introspettive dei papà, l’adolescente è colui che si sta nutrendo mentre l’adulto – dal participio passato della stessa radice – è colui che si è nutrito.
Per i Romani, inventori della parola, l’adolescenza finiva a venticinque anni, mentre nell’era coeva è quella fase compresa fra gli 11 ed i 18 anni nel corso della quale l’individuo acquisisce competenze e requisiti necessari per assumere le responsabilità dell’adulto. Fattori di natura psicologica, biologica, relazionale e sociale interagiscono fra loro per mettere in atto una vera riorganizzazione del sé, grazie ad una fitta rete di relazioni e scambi. Un ruolo rilevante è lasciato all’acquisizione della capacità di ragionare in termini ipotetico-riduttivi: sfiducia, speranza, autonomia, vergogna, dubbio, volontà, iniziativa, identità, confusione di ruoli. L’integrità dell’IO dei nostri figli adolescenti è un’entità sempre più dinamica che dà significato, forma e continuità ad un processo esaltante e doloroso che frammenta ogni parte del corpo e della mente.
Poter contare su due genitori patentati è uno dei diritti primari dei nostri figli e noi abbiamo il dovere di insegnargli la segnaletica della vita e la grammatica dell’esistenza umana.
Da Founder & Director del BUSINESS DAY traccio, per tutti noi genitori ed in modo didascalico, il “Galateo dell’Emergenza Educativa” per la più delicata delle transizioni: l’ADOLESCENZA!
Regola n. 1
Se vuoi colpire alla testa mira al cuore
Cerchiamo di sbrigliare la nostra inflessibilità emozionale e lasciamoci trascinare dai sentimenti. I nostri ragazzi hanno un bisogno assoluto di sentirsi amati. Sotto l’involucro del duro, del sicuro di sé o dell’arrogante, l’adolescente ha un cuore sensibilissimo al tono, al calore e alla vibratilità con cui gli si parla. Il potere del rapporto empatico è così elevato da affermare che prima d’essere capiti, loro vanno adorati, perché l’amore è educativo per sua natura e fa buono anche chi non lo è!
Regola n. 2
Non abdichiamo al ruolo di educatori
L’adolescente non vuole genitori inconsistenti, sfocati, ma nemmeno vinavil appiccicosi e adesivi; papà e mamma elicottero che controllino dall’alto ogni suo movimento o camerati amicali. Il ragazzo vuole genitori semafori che nei momenti importanti sappiano dare segnali forti e precisi, apripista e bussola che indichino la via per diventare adulto.
Gli esperti non hanno dubbi: le regole sono come i paracarri ai lati della strada e punti di riferimento irreggimentali. Aboliamo l’autorità, ma non l’autorevolezza.
Regola n. 3
La parola è suono, l’esempio è tuono
Parlare ad un adolescente è una vera e propria arte. Sottolineiamo come usare lo strumento principe per educare il figlio:
- parlare senza giudicare (niente indispone il ragazzo che non conosce se stesso e non ama sentenziose definizioni)
- in modo rapido, secco, telegrafico (eliminiamo papà-ritornello e mamma-disco)
- con vibratilità (una parola calda riscalda tante stagioni fredde)
- a flebo (praticando il metodo dell’irrigazione a goccia)
- ascoltandolo (sentire è un problema di acustica, ascoltare è questione di cuore)
L’adolescenza è una modalità ricorsiva della psiche dove i tratti dell’indeterminatezza, l’inquietudine per il futuro, l’irruzione delle istanze pulsionali, il bisogno di rassicurazione e insieme di libertà si danno talvolta convegno per celebrare tutte le possibili espressioni della vita.
Siamo i primi Mentori dei nostri figli.
Buona genitorialità a tutti!
Marina ANGELASTRO
(Coach della Formazione Personale e Professionale)